CIRO A FIRENZE: LA PREDIZIONE DI SAVONAROLA

Carlo VIII entra a Firenze

di Francesca Messa

Nel quadro generale delle horribili” guerre d’Italia, gli eventi che coinvolsero la città di Firenze furono essenziali per i loro effetti internazionali e interterritoriali. Tra le motivazioni che spinsero Carlo VIII alla famosa “calata” in Italia – la quale ruppe drasticamente il periodo di politica di equilibrio perseguita da Lorenzo de’ Medici – compare, infatti, anche la richiesta di aiuto al re francese da parte dei fiorentini per liberarsi dalla tirannia di Piero de’ Medici, successore del padre Lorenzo, del quale però non aveva mai dimostrato essere all’altezza (Meli, 2014; Savonarola, 1996; Dall’Aglio, 2018).

La rabbia popolare nei suoi confronti crebbe in occasione dell’incontro a Sarzana con il re francese. Piero de’ Medici, timoroso della superiorità numerica militare del nemico, sacrificò le città fortificate a protezione di Firenze, Livorno e Pisa, senza consultare il governo repubblicano, ritenendola, questa, un’azione eroica che avrebbe evitato la capitolazione della città di Firenze ma che, incontrato lo sfavore del suo governo, gli valse l’esilio e la confisca dei beni (Pellegrini, 2018). 

A questo punto, fu Girolamo Savonarola – su volontà di un popolo ormai affascinato dalle sue prediche, apparentemente religiose ma con uno sfondo politico molto forte – a prendere il controllo della situazione, nonostante la vocazione politica non fosse la sua prima scelta. Accompagnato da una delegazione, il Savonarola incontrò Carlo VIII a Pisa nei primi giorni del novembre 1494 per costrizione «non tanto dai governanti e dai cittadini, quanto piuttosto dalla carità» (Savonarola, 1996). Ad ogni modo, la sua diplomazia permise l’alleanza con Carlo VIII e gli accreditò il titolo di guida politica e spirituale di Firenze (Dall’Aglio, 2018).

1. La profezia nel XV secolo: diffusione e particolarità 

Intesa come la presa di coscienza di eventi futuri, ma anche passati e presenti che non possono essere spiegati con la ragione, la profezia è la manifestazione, diretta o indiretta (tramite segni o parole), di Dio agli uomini; i testi Sacri sono la prima testimonianza del legame tra il divino e i profeti, questi ultimi aventi il dovere di diffondere la voce di Dio al suo popolo (Devine, 1911). La profezia nacque, dunque, come sapere condiviso oralmente, perché il popolo del Signore era composito, comprendente analfabeti poveri e colti benestanti. 

Nella seconda metà del Quattrocento, queste caratteristiche rimasero pressoché invariate ma la diffusione profetica si amplificò per mezzo della stampa, grande novità tecnologico-culturale del secolo. Fu il torchio a segnare il passaggio dalla profezia orale alla profezia volgare scritta in versi, creando un nuovo genere, chiamato «di largo consumo» (Nicoli, 1987), rivolto prevalentemente (ma non esclusivamente) ad una clientela diversa da quella letteraria medievale, ossia il popolo incolto. Il prezzo ridotto delle «stampe popolari», accessibile anche ai ceti più bassi, era possibile solo grazie ad alcuni tagli dei costi di produzione, che rendevano il prodotto deteriorabile: il formato era piccolo (in ottavo), di poche carte (due o quattro), tra l’altro di materiale poroso e dunque dispersivo di inchiostro (di cattiva qualità); i caratteri utilizzati erano consunti e il testo su due colonne. Inoltre, non riportavano le informazioni indispensabili nelle opere di alta cultura, cioè luogo e data di produzione, nome del tipografo e, soprattutto riguardo le opere profetiche, il nome dell’autore, risultando spesso anonime o attribuite falsamente a figure di spicco (Nicoli, 1987).

La diffusione della profezia, comunque, non fu legata solo al suo formato e alla sua economicità; durante il periodo di instabilità politico-militare degli Stati italiani, infatti, essa si servì della paura dilagante dei popoli della penisola dovuta alle guerre internazionali, che dimostrarono anche ai ceti più bassi la debolezza delle organizzazioni politiche delle Signorie italiane. 

In questo contesto di precarietà politica si inserì prepotentemente il fattore religioso. Negli ambienti umanistici ed ecclesiastici, infatti, si andava diffondendo una certa insoddisfazione per la “rovinosa e corrotta Chiesa di Roma”. Il clima fu dunque favorevole a profeti e preti per estendere i propri timori nei confronti della comunità cristiana. 

2. Il personaggio

Girolamo Savonarola nacque a Ferrara il 21 settembre 1452 in una famiglia di medici al servizio degli Este. Poiché il nonno paterno, Michele, prese a cuore l’educazione scolastica del nipote, il Savonarola iniziò fin da piccolo il suo percorso di studi in umane lettere e scienze mediche. La sua predisposizione al ragionamento di tipo umanistico è già presente nei suoi primi due scritti, risalenti all’età vent’anni: il De ruina mundi del 1472 e il De ruina Ecclesiae del 1475 sono la sintesi della sua insoddisfazione per il mondo e per la Chiesa contemporanea, che lui paragona alla «Chiesa primitiva contraddistinta da umiltà e virtù» (Dall’Aglio, 2018). 

Nonostante la sua repulsione per il mondo ecclesiastico, nel 1475 fuggì da Ferrara alla volta del convento domenicano di Bologna e, dopo aver compiuto «con profitto» gli studi teologici, prese i voti (Savonarola, 1996). Ordinato sacerdote, nel 1482 il Savonarola venne trasferito nei territori fiorentini di Lorenzo de’ Medici; in questa situazione iniziò le sue predicazioni profetiche, seppure impacciatamente perché alle prime armi. Per questo motivo, non si fermò a Firenze ma iniziò a vagare tra i conventi dell’Italia settentrionale per acquisire esperienza. 

Ritratto di Savonarola
Fra Bartolomeo, Ritratto di Girolamo Savonarola, olio su tela, 1498 c.a, oggi conservato al Museo di San Marco (fonte: Wikimedia, licenza CC0)

Nel 1491, tornato a Firenze come priore del convento di San Marco su insistenza di Lorenzo de’ Medici e di Pico della Mirandola, il Savonarola iniziò la predicazione contro i vizi, i potenti e, soprattutto, contro i peccati della Chiesa. I suoi discorsi fecero breccia nelle folle «che accorreva[no] sempre più numeros[e]» (Dall’Aglio, 2018) e «che pendevano dalle sue labbra e bevevano le sue parole come fossero pronunciate da Dio stesso» (Weinstein, 1976); da parte sua, il Savonarola «elesse [Firenze] come sua vera patria», ritenendo il suo popolo fonte di stima «per la fecondità d’ingegno, la notevole intraprendenza mercantile e l’indomito spirito di libertà». Egli, infatti, «ritenne di essere incaricato da Dio di una missione profetica nei confronti dei fiorentini» (Savonarola, 1996).

Da questa vocazione divina nacque la missione politica che, se da un lato fu salvifica per la città di Firenze, almeno in un primo momento, dall’altra condurrà il Savonarola ad una “battaglia” con papa Alessandro VI, che condannò la sua nuova «pernitiosa dottrina» e scomunicò il frate il 12 maggio 1497. Reo di aver contrariato il papa, fra Girolamo morì sul rogo il 23 maggio 1498 (Dall’Aglio, 2018).

3. La profezia del Savonarola

Nelle Ricordanze di Tribaldo De’ Rossi viene fatto riferimento alla notte del 5 aprile 1492, in cui la Lanterna della Cupola di Santa Maria del Fiore, a seguito di un violento tuono attirato dalla palla di rame di Andrea del Verrocchio, cadde, provocando un fortissimo frastuono che sarebbe risuonato in tutta Firenze (Opera di Santa Maria del Fiore Magazine, 2013). 

Questo fatto è il preambolo che serve a comprendere per quale motivo il popolo fiorentino fu incline a credere alle parole della predica profetica del mattino successivo. Secondo quanto scrisse nel suo Compendio di rivelazioni (1495), la stessa notte del disastro il Savonarola fu colto da insonnia e Dio gli apparve in visione come un’entità dalle tre teste e un braccio che sorreggeva una spada recante la formula Ecce gladius domini super terram cito et velociter. Dalle tre teste venivano diverse voci: “punirò con la verga il loro peccato e con i flagelli la loro colpa” ma “avrò pietà del debole e del povero”. La punizione divina – Dio avrebbe seguito gli uomini con la spada sguainata – sarebbe giunta perché “il mio popolo ha dimenticato i miei comandamenti per giorni innumerevoli” e solo chi si fosse convertito alla volontà del Signore si sarebbe salvato (Savonarola, 1996). 

La visione proseguiva con l’atto effettivo di Dio, che aveva incaricato gli angeli del cielo di consegnare una veste bianca e una croce rossa a tutti gli uomini della terra: alcuni accettavano, altri rifiutavano e, tra questi, alcuni istigavano altri a non accettare. Poi la spada di Dio toccava la terra; dal cielo, rannuvolatosi, scaturiva una tempesta di fulmini e tuoni e la terra era percorsa da guerre, peste e carestia. Coloro che si erano convertiti ricevevano dagli angeli un vino chiaro, simbolo di salvezza, mentre coloro che si erano rifiutati non accettavano di bere il fondo amaro loro offerto e lamentavano che Dio li aveva dimenticati. 

Calmato il “diluvio”, Dio si rivolgeva direttamente al sacerdote e lo esortava ad estendere la sua volontà e le sue parole al mondo: il 6 aprile 1492 il Savonarola iniziò la sua predica pronunciando la frase riportata sulla spada della sua visione, diventata poi celebre, Ecce gladius domini super terram cito et velociter. La spada divina che, nella visione del Savonarola, aveva toccato Firenze era la stessa che aveva scatenato i fulmini che, realmente, avrebbero coinvolto la palla del Verrocchio. Il popolo di Firenze associò i fatti accaduti la notte precedente con l’azione di un Dio distruttore e credette alle parole del Savonarola. Fu l’inizio di una collettiva presa di coscienza religiosa, morale e politica. 

Fu in quel momento che il Savonarola predisse l’arrivo di un nuovo Ciro che avrebbe abbattuto il flagello divino su Firenze e sull’Italia. 

«Io dico a Ciro: Mio pastore; ed egli soddisferà tutti i miei desideri, dicendo a Gerusalemme: Sarai riedificata; e al tempio: Sarai riedificato dalle fondamenta». (Isaia 44, 28).

Nella Bibbia, Dio designa Ciro, re di Persia, come “messia” per compiere i suoi desideri: liberare e riedificare la città di Gerusalemme e il regno di Israele (Isaia 44, 28; Is 45, 17). Ciro è un re straniero che, seppur non credente nella religione del Dio biblico, viene incaricato dall’autorità divina di compiere un grande gesto di salvezza che va «oltre i confini determinati dalla stirpe o dalla professione di fede» (Antico Testamento, 2021). Allo stesso modo, secondo un simbolismo puramente religioso e profetico, Carlo VIII di Valois è un re estraneo alla penisola, ma cattolico, chiamato dal Signore per salvare dall’ingiustizia la nuova Israele, l’Italia, e soprattutto la nuova Gerusalemme, Firenze: 

«Versate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere giustizia! Si apra la terra produca frutti di salvezza e insieme germogli la giustizia!» (Isaia 45, 8). 

Quando il Savonarola, ottenuta definitivamente la fiducia del governo di Firenze, incontra Carlo VIII a Pisa, lo saluta come «cristianissimo re e gran ministro della giustizia divina» (Savonarola, 1996), la quale è misericordiosa e giusta con i dannati perché li punisce in misura minore di quanto si meritino:

«Io camminerò davanti a te, spianerò i passi scoscesi, distruggerò le porte di bronzo e spezzerò le sbarre di ferro» (Isaia 45, 2).

Come Dio fu distruttivo per permettere a Ciro di superare gli ostacoli, così aiutò Carlo VIII con la discesa in Italia e la sconfitta degli ingiusti: è la rivoluzione militare.

4. Savonarola e l’imperium di Firenze

Non è solo grazie alla persona carismatica di Savonarola che il popolo fiorentino fu infiammato dalle sue prediche profetiche. Sin dalle opere colte e dalla tradizione popolare del XIII secolo, la città di Firenze era oggetto di una concezione mitica, che la caratterizzava dal punto di vista laico e civile come figlia di Roma e dal punto di vista religioso come centro di rinascita della cristianità. Girolamo Benivieni, poeta della corte laurenziana e amico di Pico della Mirandola, elesse Firenze a “imperium”, accezione secondo cui tutto il mondo avrebbe aderito all’unica vera religione della “città degli eletti”. Firenze appariva già ai suoi abitanti «come una creatura viva, il cui destino era già predisposto da Dio» (Weinstein, 1976), il quale la preferiva alle altre città. La religione era quindi già parte integrante del governo della città: ogni buono o cattivo esito era percepito come la lode o la condanna di virtù e vizi dei cittadini.

Allegoria gloria di Firenze
Zocchi Giuseppe, Allegrini Francesco, Allegoria della Gloria di Firenze, stampa, 1766. Museo di Capodimonte, Napoli (fonte: Catalogo generale dei Beni Culturali, licenza CC-BY 4.0)

Il messaggio millenaristico del Savonarola si pose come punto massimo all’interno di questo filone tradizionale; il sacerdote stesso venne elevato dai fiorentini come grande filosofo al pari di Platone poiché, grazie al contatto diretto con Dio e i suoi consigli, avrebbe riedificato Firenze portandola alla luce eterna. 

5. Conclusioni

L’azione del Savonarola effettivamente diede i suoi frutti. Firenze venne risparmiata dal diluvio scatenato dalla furia divina (l’azione distruttrice di Carlo VIII) perché i suoi cittadini avevano ascoltato le richieste del suo profeta di rifugiarsi nell’«arca dello spirito». Passato il diluvio, i fiorentini auspicarono un cambiamento radicale che trovarono nella renovatio spirituale e temporale, donata da Dio con il collasso della tirannia medicea: i cittadini erano ora invitati a creare un governo del bene comune che si ergesse a modello per gli altri perché guidato dalla grazia di Dio. Dopo l’arrivo del nuovo Ciro, Firenze si ergeva a “nuova Gerusalemme” (Weinstein, 1976).

Francesca Messa – Scacchiere Storico

Francesca Messa è laureata in Scienze dei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Milano, ed è ora studentessa del corso di Scienze Storiche. Si interessa allo studio della cultura della primissima Età Moderna, con particolare riguardo al mondo aristocratico.

Bibliografia

Bibbia, a cura di M. Cucca, F. Giuntoli e L. Monti, vol. I, I millenni, Torino, Einaudi, 2021; “La caduta della palla della lanterna del Duomo” in Opera di Santa Maria del Fiore Magazine, 2013, <https://duomo.firenze.it/it/opera-magazine/post/4460/la-caduta-della-palla-della-lanterna-del-duomo&gt;; Dall’Aglio S., “Girolamo Savonarola” in Dizionario biografico degli italiani, vol. 91, Enciclopedia Treccani, 2018, pp. 143-150; Devine A., “Prophecy” in The Catholic Encyclopedia, vol. 12, New York, Robert Appleton Company, 1911, <http://www.newadvent.org/cathen/12473a.htm&gt;; Meli P., “Piero de’ Medici” in Enciclopedia machiavelliana, vol. II, Enciclopedia Treccani, 2014, pp. 166-167; Nicoli O., Profeti e popolo nell’Italia del Rinascimento, Roma, Bari, Laterza, 1987; Pellegrini M., Le guerre d’Italia (1494-1559), Bologna, il Mulino, 2018; Savonarola G., Compendio di rivelazioni e Trattato sul governo della città di Firenze, introduzione di Franco Buzzi, PIEMME, 1996; Tallon A., L’Europa del Cinquecento, Roma, Carocci, 2021; Weinstein D., Savonarola e Firenze. Profezia e patriottismo nel Rinascimento, Bologna, il Mulino, 1976.

Immagine di copertina: Giuseppe Bezzuoli, L’entrata di Carlo VIII a Firenze, olio su tela, 1829. Palazzo Pitti, Firenze (fonte: Wikimedia, licenza CC0)

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Pubblicato da Scacchiere Storico

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