di Federica Fornasiero
Il Settecento, secolo dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese (che pose fine all’ancien régime), portò alla pubblicità degli archivi, caratterizzati a partire dalla nascita delle signorie dai cosiddetti trésor des chartes e dagli archivi segreti del potere pubblico.
Gli archivi ritornarono ad essere così liberamente consultabili: alla finalità eminentemente amministrativo-giuridica si affiancò anche quella prettamente storico-culturale. A partire dall’età napoleonica e poi nell’Ottocento vennero a formarsi i cosiddetti “grandi archivi”: si cominciò a custodire in un’unica sede i primi archivi di concentrazione, in cui vennero depositati fondi documentari provenienti da uffici ed enti diversi; si iniziò altresì a formulare nuove metodologie di descrizione, inventariazione e soprattutto ordinamento delle serie e dei fondi archivistici. Venne inoltre inaugurata la prassi di suddividere gli archivi amministrativi e storici.

In Italia, la gestione archivistica rimase frammentata e soggetta agli ordinamenti locali fino all’Unità, quando si pose l’impellente problema di trovare una soluzione alla situazione ereditata e di organizzare l’accentramento e l’uniformità delle norme e delle metodologie archivistiche. Il XIX secolo rappresentò pertanto un periodo di svolta e di dibattito: prima di tutto, l’archivistica iniziò ad affermarsi quale disciplina autonoma e scientifica; secondariamente, si sperimentarono diverse metodologie di ordinamento sulla scorta delle esperienze attuate sin dal secolo precedente: il metodo storico, secondo il quale le carte dovevano essere ordinate aderendo al principio di provenienza, e l’ordinamento per materia, basato invece sul principio di pertinenza dei documenti. Con quest’ultimo, anche detto peroniano, vennero ordinati alcuni degli archivi italiani preunitari a partire dalla seconda metà del Settecento, tra cui l’Archivio di Stato di Milano, riordinato da Luca Peroni a cavallo tra Sette-Ottocento per volere dell’amministrazione austriaca. Il metodo peroniano consisteva sostanzialmente nello smembramento delle serie archivistiche, intaccandone irrimediabilmente il vincolo archivistico e l’originale sedimentazione documentaria, per poi riordinarle secondo il contenuto dei documenti e sulla base di piani di classificazione: questo metodo andava incontro ad esigenze di tipo amministrativo, permettendo di organizzare le carte in serie e fondi ex novo, il cui identificativo non riguardava più il soggetto produttore, bensì la materia trattata nelle carte stesse.

Sempre tra XVIII-XIX secolo, si iniziarono a costituire i cosiddetti fondi diplomatici, nei quali vennero riposte a mo’ di raccolta le pergamene antiche ed eventualmente i rispettivi sigilli, in quanto oggetti di valore indipendentemente dall’autore o provenienza. Anche in questo caso, vennero smembrati i fondi originari intaccando pertanto il vincolo archivistico e la corretta sedimentazione delle carte, tanto che è quasi impossibile riportare i documenti – come nel caso degli ordinamenti per materia – all’originaria collocazione. Uno dei fondi diplomatici più noti è quello dell’Archivio di Stato di Milano, costituito a seguito della selezione dei documenti prodotti dagli enti religiosi soppressi a partire dal Regno napoleonico; la più antica pergamena in esso conservata è il cosiddetto mundio del 721.
Come si è anticipato, il governo postunitario dovette risolvere il problema della frammentarietà che caratterizzava gli archivi. Si pose l’attenzione su questioni pratiche e teoriche per poter giungere a una nuova, comune e accentrata politica che sostituisse le prassi locali. Un primo dibattito venne organizzato nel 1867 a Firenze (allora capitale della Penisola) in occasione del Congresso internazionale di statistica, durante il quale si giunse a delle conclusioni inedite:
- gli archivi vennero riconosciuti come enti scientifici autonomi sia da musei, sia da biblioteche; si decise inoltre che tali istituzioni dovessero occuparsi di documenti pubblici e privati (con gli eventuali sigilli), di carattere tanto giuridico quanto diplomatistico;
- la tutela sarebbe stata estesa anche agli archivi privati;
- divenne pressante la necessità di predisporre gli adeguati strumenti di ricerca.
Questi risultati vennero poi ripresi e ampliati durante i lavori avviati dalla Commissione Cibrario nel 1870, organizzata dai due ministeri che condividevano le competenze in materia archivistica: il Ministero della Pubblica Istruzione e dell’Interno. Lo scopo era di risolvere le questioni rimaste ancora irrisolte, pervenendo infine alle seguenti disposizioni:
- gli archivi divennero pertinenza unicamente del Ministero dell’Interno, privilegiando così il loro carattere amministrativo-giudiziario (fino agli anni Settanta del Novecento, quando venne istituito il Ministero dei Beni Culturali e del Paesaggio);
- si passò dalla divisione in archivi amministrativi e storici, ad archivi preunitari (parte antica liberamente consultabile) e postunitari (parte moderna non ancora consultabile);
- si evidenziò la necessità di provvedere al versamento e allo scarto archivistico, obbligatori dopo 40 anni dalla data di formazione dei documenti (ora 30 anni, art. 41, Codice dei Beni Culturali);
- si vietò lo scarto privo di autorizzazione;
- vennero altresì istituiti il Consiglio per gli Archivi e le soprintendenze archivistiche (le soprintendenze vennero poi abolite nel 1891 e nuovamente istituite con la legge archivistica del 1939; dagli anni Settanta – con l’istituzione delle Regioni – hanno competenza regionale e si occupano di archivi degli enti non statali, privati e religiosi secondo convenzione stipulata con la CEI);
- vennero ufficialmente fissate le regole di ordinamento degli archivi, secondo i principi di rispetto dei fondi e di provenienza, o metodo storico (basati sull’inscindibilità del vincolo archivistico: l’archivio viene considerato come complesso di documenti prodotti nel corso dell’attività di un soggetto produttore; la sedimentazione delle carte risulta quindi essere spontanea e naturale e rispecchia l’attività dell’ente che la posta in essere);
- venne predisposto il versamento degli archivi preunitari negli istituti di conservazione sorti nelle quindici ex capitali degli stati preunitari;
- venne disposta la libera consultabilità.

Tali esiti vennero poi ufficializzati con il R.D. n. 2552/1875, primo ordinamento degli archivi con il quale venne inoltre istituito l’Archivio Centrale del Regno, che conservava gli atti dei dicasteri centrali. Nel 1953, quest’ultimo divenne l’Archivio Centrale dello Stato (l. n. 340/1953), un istituto autonomo adibito alla conservazione e alla tutela dei documenti prodotti dagli organi centrali dello Stato (Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministeri, organi consultivi e giurisdizionali), ad eccezione di quelli prodotti dalla Presidenza della Repubblica, dalle due Camere del Parlamento, dal Ministero degli affari esteri e da quello della difesa, che vengono invece conservati da questi stessi organi nei propri archivi storici.
Nel 1871 venne inoltre fondato l’Archivio di Stato di Roma (R.D. n. 605/1871), nuova capitale del Regno. All’Archivio venne assegnato il compito di conservare gli atti degli organi centrali dello Stato pontificio di cui il nuovo Stato era entrato in possesso, gli archivi giudiziari e notarili romani preunitari e gli atti degli uffici statali con sede nell’attuale provincia di Roma, pre e postunitari, infine la documentazione prodotta dalle magistrature centrali del governo temporale dello Stato pontificio, soprattutto a partire dal XV secolo. Fino al 1875, l’Archivio di Stato di Roma coincideva con l’archivio centrale del nuovo Stato unitario.
Per concludere, si ricordano brevemente quattro fondamentali leggi che si occuparono della regolamentazione degli archivi italiani.
La prima risale al 1911, R.D. n. 1163/1911, che disciplina inoltre le scuole di Archivistica, Paleografia e Diplomatica (APD) dedicate alla formazione degli archivisti e organizzate nelle sede degli Archivi di Stato delle capitali dei regni preunitari, quali Milano, Torino, Venezia, Genova, Mantova, Modena, Bologna, Firenze, Perugia, Roma, Bari, Palermo, Napoli; questa legge rimase in vigore fino al 2021. La seconda e prima vera e propria legge in materia di archivi è datata 1939 (l. n. 2006/1939), che previde l’istituzione di un Archivio di Stato in ogni capoluogo di provincia, nonché delle sottosezioni degli Archivi di Stato, e provvide alla creazione formale delle Soprintendenze Archivistiche e Bibliotecarie. Invece con la legge archivistica del 1963 si istituì la Direzione Generale degli Archivi di Stato e si delinearono dettagliatamente le competenze delle Soprintendenze. Solo nel 1974 venne istituito il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali che di fatto sostituì il Ministero dell’Interno nella gestione degli archivi, al quale rimasero competenze relative ai documenti riservati e alla loro consultabilità. Infine, con il D. lgs. 42/2004, conosciuto come Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, venne regolata la tutela, conservazione, fruizione e valorizzazione degli archivi.
Federica Fornasiero – Scacchiere Storico
Bibliografia
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G. Costamagna, Dalla “charta” all’”instrumentum”, in Il notariato medievale bolognese, Atti di un convegno (febbraio 1976), Roma 1977 (Studi storici sul notariato italiano, III), pp. 7-26, all’URL http://tdtc.bytenet.it/comunicati/costamagna-dallacharta.pdf
G. Da Molin, A. Carbone, Carte d’archivio. Storia della popolazione italiana tra XV e XX secolo, Cacucci 2016
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Manuale di archivistica, a cura di P. Carucci, M. Guercio, Carocci 2020
Manuale di archivistica, a cura di N. Silvestro, Edizioni Simone 2022
A. Pratesi, Genesi e forme del documento medievale, Jouvence 1979, all’URL https://archive.org/details/pratesi-1979-genesi
Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica, pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 – 19 dicembre 2018, all’URL https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9069661
SAB, Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, https://sab-lom.cultura.gov.it/home
Sitografia per conoscere gli archivi
ANAI, Associazione Nazionale Archivistica Italiana, https://anai.org/
Archivio Digitale, https://archiviodigitale-icar.cultura.gov.it/
DGA, Direzione Generale Archivi, https://archivi.cultura.gov.it/home
ICAR, Istituto Centrale per gli Archivi, https://icar.cultura.gov.it/home
SAN, Sistema Archivistico Nazionale, https://www.san.beniculturali.it/web/san/home;jsessionid=48BAE2A2CA7D7E12CCCE4143ED80C35D.sanapp01_portal
SIAS, Sistema Informativo degli Archivi di Stato, https://sias-archivi.cultura.gov.it/cgi-bin/pagina.pl
SIUSA, Sistema Informativo per le Soprintendenze Archivistiche, https://siusa-archivi.cultura.gov.it/
(tutti gli URL sono stati consultati e sono attivi al 10 gennaio 2025)
Immagine di copertina: Decreti originali per mese, 1857. Sala Filangieri (ex Refettorio), Grande Archivio di Stato, Napoli (fonte: autore, Mattia Luigi Nappi; licenza, CC BY-SA 4.0)
