LA RIBELLIONE DI SHAYS

Fuga degli uomini di Daniel Shays

di Davide Galluzzi

Pochi anni dopo la conclusione della Rivoluzione americana e la conseguente nascita degli Stati Uniti d’America, la giovane Repubblica venne scossa da quella che è passata alla storia con il nome di Ribellione di Shays, ossia l’insurrezione armata di numerosi contadini del Massachusetts oppressi da pesanti debiti. La rivolta, scoppiata nel 1786 e repressa nel 1787, venne guidata da Daniel Shays, veterano della Guerra d’Indipendenza, e, nonostante il suo sostanziale fallimento, ebbe un’influenza determinante nel dibattito pubblico statunitense e sul processo costituzionale che, partito ad Annapolis e conclusosi a Philadelphia, portò alla nascita della Costituzione degli Stati Uniti d’America.

  1. La situazione sociale e politica dei contadini del Massachusetts

Come accennato, la Ribellione di Shays ebbe luogo in Massachusetts e consistette in una insurrezione di contadini schiacciati dai debiti. Non sarà quindi inutile spendere qualche parola sulla situazione sociale e politica di questo Stato.

Come le altre ex Tredici colonie, anche lo Stato del Massachusetts usciva dalla Guerra d’Indipendenza con un’economia prostrata e con un pesante debito post bellico. A questa situazione, potremmo dire, generale si sommavano alcune caratteristiche particolari legate all’economia e alla politica statale.

Concentrandoci sull’economia dello Stato, non dobbiamo dimenticare come essa presentasse diverse debolezze che portarono a un inasprimento della situazione dei contadini. Molti di loro, infatti, producevano beni poco al di sopra del limite di sussistenza, utilizzando il poco surplus per comprare beni dai mercanti locali i quali, a loro volta, traevano un profitto dalla vendita dei prodotti agricoli ottenuti sfruttando il vasto mercato rappresentato da Boston, capitale dello Stato (Engels, 2005).

Ritratto James Bowdoin
James Bowdoin, Governatore del Massachussets (fonte: Wikipedia, licenza CC0)

Come ci ricorda Tom Goldscheider, quindi, possiamo immaginare l’economia agraria dell’epoca come rappresentata da tre sfere che operavano contemporaneamente e che si sovrapponevano tra loro. La prima sfera era la cosiddetta “household economy”, ossia la produzione di beni da parte delle famiglie contadine che, come accennato, riuscivano a provvedere ai propri bisogni e a ottenere il surplus necessario agli scambi con la comunità locale e non (seconda sfera). Questi scambi, soprattutto attraverso i contatti con i mercanti, portavano i contadini a interagire con il mercato di beni non agricoli che si estendeva anche al di là delle proprie città o dei villaggi di appartenenza (terza sfera) (Goldscheider, 2015).

Non stupirà, quindi, la scarsa circolazione monetaria all’interno dello Stato e l’intrinseca debolezza di un’economia basata in larga parte sullo scambio reciproco di beni e sul baratto. La situazione giunse a un punto critico proprio nel corso degli Anni ‘80 del XVIII secolo, quando una serie di cattivi raccolti portò a un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini e spinse i mercanti a non accettare beni agricoli in cambio dei loro prodotti o come mezzo per ripagare i debiti contratti dagli agricoltori (Engels, 2005).

Proprio quest’ultimo aspetto ci porta ad analizzare brevemente uno dei temi fondamentali che stanno alla base della comprensione della Ribellione di Shays, ossia la questione dell’indebitamento non solo dei contadini, ma anche dello Stato. Come tutte le altre ex Tredici colonie, infatti, anche il Massachusetts fu costretto ad aumentare il proprio debito per finanziare le spese militari durante la Guerra d’Indipendenza. Terminato vittoriosamente il conflitto, ogni Stato decise di attuare una differente politica volta al consolidamento del debito. La scelta del Massachusetts fu particolarmente infelice poiché il governo di Boston decise di ripagare l’ingente debito al valore nominale dei titoli nonostante il forte deprezzamento della valuta (Goldscheider, 2015 e Engels, 2005).

Quel che è peggio, tuttavia, è che proprio la situazione economica che abbiamo descritto poco sopra spinse numerosi veterani, bisognosi di danaro, a vendere i propri titoli di debito a un ristretto gruppo di speculatori, i quali acquistarono il credito a un valore assai più basso di quello reale. Il consolidamento del debito al valore nominale, quindi, portò a un forte aumento dei profitti per questi speculatori, mentre invece i veterani, molti dei quali contadini, si videro defraudati due volte: la prima con la vendita dei loro titoli a valore ribassato, la seconda con l’alta imposizione fiscale approvata a più riprese dall’assemblea legislativa dello Stato per porre rimedio alla situazione debitoria. La retorica governativa, secondo la quale le tasse erano necessarie per ripagare il debito in mano a ferventi patrioti che aiutarono lo Stato nel momento del bisogno, non ebbe altro effetto se non quello di esacerbare gli animi dei vessati contadini che avevano combattuto veramente durante la guerra (Elster, 2012).

Giunti a questo punto, quindi, è necessario analizzare la situazione politica del Massachusetts tanto a livello costituzionale quanto nella composizione dell’assemblea legislativa alla vigilia della rivolta.

Boston, non dobbiamo dimenticarlo, aveva una costituzione fortemente conservatrice e tendenzialmente oligarchica influenzata dall’azione di John Adams. Non solo il Senato condivideva con il Governatore il potere di veto, avendo così la possibilità di fermare eventuali provvedimenti indesiderati presi dalla camera bassa, ma per partecipare alle elezioni vigeva un restrittivo criterio censuario. Per detenere il diritto di voto passivo per le elezioni senatoriali e governative, infatti, bisognava possedere un patrimonio pari almeno a 60 sterline, il quale però saliva a 400 sterline per potersi candidare al Senato e a 1000 per candidarsi alla carica di Governatore (Goldscheider, 2015).

Un aspetto fondamentale da non dimenticare è che circa l’80% del debito cui abbiamo fatto cenno poco sopra era detenuto da speculatori. Di più, circa il 40% era nelle mani di trentacinque individui che, nel corso degli Anni ‘80 del XVIII secolo, avevano servito come rappresentanti nelle assemblee legislative del Massachusetts o avevano parenti stretti in posti chiave del potere statale (Elster, 2012).

Di più, lo stesso Governatore James Bowdoin era vicino agli ambienti degli speculatori e, abusando della propria posizione, attuava una politica volta a garantire i profitti di chi, approfittando della situazione, aveva acquistato i titoli di debito precedentemente in possesso dei contadini (Engels, 2005).

La reazione di questi ultimi non si fece attendere. Come abbiamo visto, la Costituzione del Massachusetts ostacolava e limitava la rappresentanza dei ceti meno abbienti, toccando così uno di quei grandi temi che risalivano alla società coloniale e che rappresentava ancora un nervo scoperto a pochi anni dalla Rivoluzione che aveva avuto origine proprio da questo (Elster, 2012). 

Le varie comunità che componevano lo Stato, quindi, fecero ricorso ad un’arma tanto antica quanto il problema a cui cercavano di porre rimedio, ossia la convocazione di convenzioni locali. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che molti ex veterani credevano fermamente nella “home rule”, ossia nella necessità di garantire una vastissima autorità proprio alle singole comunità, permettendo un’ampia partecipazione dei cittadini al processo politico permettendo loro di mantenere un più diretto controllo sulla politica e sugli ufficiali statali. Questi ultimi, bisogna sottolinearlo, venivano spesso visti come intrusi nella vita politica locale e come più facilmente corruttibili proprio perché difficilmente controllabili dagli onesti cittadini (Goldscheider, 2015).

Durante queste convenzioni i cittadini discutevano di numerosi temi cercando di incalzare l’assemblea legislativa e il governo segnalando i propri problemi e le proprie lagnanze. Non stupirà, per quanto riportato sino a ora, che i temi principali toccati dalle comunità fossero proprio quelli della rappresentanza e dei debiti. Nel primo caso si chiedeva una riforma costituzionale in senso più democratico, nel secondo si chiedeva una risoluzione politica del problema, proponendo, per esempio, periodi più lunghi per l’intervento dei tribunali in caso di insolvenza da parte dei contadini e la possibilità di pagare le tasse non in danaro, ma in beni agricoli (Goldscheider, 2015).

In nessun caso i contadini e le comunità vennero ascoltati. Chiusasi la porta della protesta silenziosa e democratica ai contadini non restava altra strada da percorrere se non quella della ribellione contro un governo visto come tirannico. Il 22 agosto 1786, quindi, i rappresentanti di cinquanta città si riunirono a Hatfield, presso la casa del colonnello Seth Murray, lanciando un appello per una costituzione democratica e prendendo la decisione di chiudere i tribunali statali impedendone il funzionamento e cercando così di porre un argine alla riscossione dei debiti e al pignoramento di terre e beni (Engels, 2005).

  1. La Ribellione di Shays

La prima di queste azioni avvenne il 29 agosto 1786, quando un gruppo di 1500 insorti si impossessò del tribunale di Northampton impedendo la riunione della corte. Daniel Shays, il veterano della Rivoluzione il cui nome si sarebbe per sempre legato alla ribellione scoppiata quel giorno, non era presente e non partecipò a questo primo atto dell’insurrezione. Per ironia della sorte Shays non era presente neanche tra i delegati della Convenzione di Hatfield cui abbiamo fatto cenno nel paragrafo precedente (Zug, 2021).

Litografia di Daniel Shays
Daniel Shays (fonte: Wikipedia, licenza CC0)

Dal 29 agosto in poi, azioni simili si ripeterono in diverse città del Massachusetts, attirando così sia l’attenzione del Governo statale, sia quella del Congresso degli Stati Uniti. Per meglio comprendere quei convulsi mesi è quindi necessario ricostruire gli eventi tanto a livello locale, quanto a livello federale, evidenziando le risposte fornite dal Governatore Bowdoin e dal Congresso.

Sin dai primi giorni di aprile il Governatore Bowdoin e i suoi consiglieri iniziarono una serie di riunioni per discutere la situazione. Sebbene i problemi alla radice dell’insurrezione fossero quelli elencati poco sopra, il governo statale non affrontò queste delicate questioni denunciando anzi l’attiva presenza di populisti che, con l’inganno e la manipolazione, spingevano gli onesti contadini verso una rivolta che, altrimenti, non avrebbero mai compiuta (Zug, 2021).

Il governo federale, invece, iniziò ad affrontare gli eventi in Massachusetts soprattutto per due motivi: da un lato, infatti, vi era il timore che il governo di quello Stato potesse venire rovesciato da una rivolta dietro la quale molti vedevano, sbagliando, la longa manus inglese, dall’altro vi era il timore che i rivoltosi potessero impossessarsi dell’arsenale federale di Springfield che, all’epoca, custodiva quattrocentocinquanta tonnellate di materiale militare. Le conseguenze sarebbero state, come facilmente intuibile, disastrose, soprattutto qualora gli insorti avessero dovuto valicare i confini del Massachusetts portando il fuoco della rivolta in tutta la giovane Repubblica (Warren, 1905).

Non sorprenderà, quindi, come il Segretario alla Guerra, generale Henry Knox, fosse particolarmente preoccupato per questa situazione, soprattutto dopo che Bowdoin ricordò come la responsabilità della sicurezza dell’arsenale ricadesse sul governo federale e non su quello statale. Fu a questo punto che Knox iniziò a confrontarsi con il Congresso per cercare di trovare una soluzione nazionale alla questione. Da un lato, infatti, egli chiese al Congresso quanti uomini dovessero venire reclutati dal comandante della milizia locale, general-maggiore William Shepard, dall’altro propose un aumento delle truppe federali, anche se su quest’ultimo punto il Segretario dovette rinunciare alle proprie posizioni per via di ragioni fiscali e della scarsa malleabilità del Congresso (Warren, 1905).

Ritratto Henry Knox
Henry Knox, Segretario alla Guerra degli Stati Uniti d’America (fonte: Wikipedia, licenza CC0)

Quest’ultima istituzione, tuttavia, ordinò a Knox di recarsi a Springfield per valutare la gravità della situazione e prendere le misure che avrebbe ritenuto necessarie per la sicurezza dell’arsenale.

Pochi giorni prima, il 26 settembre, avvenne un fatto particolarmente grave proprio a Springfield. La Corte Suprema del Massachusetts, infatti, si sarebbe proprio dovuta riunire in questa città e, come naturale aspettarsi, venne accolta dai rivoltosi che, moschetti alla mano, marciarono in ordine militare fuori dall’edificio in cui la riunione ebbe luogo per chiedere la liberazione dei ribelli arrestati, la sospensione delle cause civili e lo scioglimento della milizia (Warren, 1905). Ad affrontarli vi erano gli uomini di Shepard.

Fortunatamente il confronto si risolse con una trattativa tra i leader di entrambe le fazioni, i quali giunsero alla decisione di ritirarsi, mentre la Corte avrebbe aggiornato la sua seduta sine die. Quel che è interessante notare è che questo fu il primo episodio in cui prese parte Daniel Shays, il quale, insieme ad altre sette persone, fece parte della delegazione che trattò con Shepard (Zug, 2021).

Il Segretario Knox, dopo aver ispezionato Springfield come da ordini ricevuti, si incontrò con Bowdoin a Boston e qui entrambi convennero sulla necessità di difendere l’arsenale con truppe federali e sull’impossibilità di trasferire le munizioni ivi contenute per non scatenare la reazione degli insorti. Restava da risolvere solo un ultimo dettaglio, tutt’altro che insignificante: come raccogliere truppe federali per reprimere l’insurrezione senza che i cittadini in armi se ne accorgessero? La proposta del Governatore e del Segretario fu quella di proporre al Congresso il reclutamento di un’armata federale senza riferimenti alla situazione in Massachusetts (Warren, 1905).

Il 20 ottobre, quindi, un comitato appositamente creato presentò al Congresso la proposta di aumento delle truppe federali usando il pretesto di un possibile attacco da parte delle tribù native con le quali i rapporti si stavano effettivamente deteriorando. Questa, quantomeno, la versione ufficiale. Un rapporto top secret sottoposto al Congresso, tuttavia, parlava espressamente del pericolo rappresentato dai fatti in corso in Massachusetts e della necessità di usare le truppe per proteggere l’arsenale (Warren, 1905).

A poche settimane dalla decisione congressuale gli eventi precipitarono ulteriormente. Il Governatore Bowdoin, infatti, ordinò a uno squadrone di cavalleria di arrestare Job Shattuck, Oliver Parker, Benjamin Page, Nathan Smith e John Kelsey, identificati come demagoghi a capo della rivolta. Curiosamente Daniel Shays non venne indicato come leader, segno che a quell’epoca il suo nome fosse ancora sconosciuto ai vertici dello Stato. Fu tuttavia proprio questa decisione a scatenare le ire degli insorti che, il 5 dicembre, marciarono su Worcester per chiuderne il tribunale e presentare una petizione al governatore. In questa occasione un contingente venne effettivamente guidato da Shays, che iniziava a venire riconosciuto come uno dei leader della rivolta, ma non come comandante supremo (Zug, 2021).

Arsenale di Springfield
L’arsenale federale di Springfield (fonte: National Park Service, licenza CC0)

Questo fatto è mostrato in maniera emblematica proprio dall’atto conclusivo di quella che passò alla Storia come Ribellione di Shays, ossia lo scontro tra ribelli e milizie guidate da Shepard avvenuto proprio a Springfield il 26 gennaio 1787.

La situazione era infatti tesa fin dal 19 gennaio, quando mille uomini di Shepard occuparono l’arsenale, mentre altri quattromila uomini guidati dal generale Benjamin Lincoln occuparono Worcester. Nel frattempo, trecento rivoltosi guidati da Eli Parsons giunsero a Chicopee, mentre altri mille guidati da Luke Day si riunirono a West Springfield e altrettanti guidati da Shays occuparono Palmer, a est dell’arsenale federale. Il piano originale, concordato tra i tre comandanti (nessuno dei quali aveva una superiorità sull’altro), prevedeva un attacco su tre fronti. Fu però a questo punto che i leader della rivolta cambiarono piani all’insaputa l’uno dell’altro. Day, infatti, inviò un ultimatum a Shepard, mentre Shays si disse pronto a ritirarsi qualora Bowdoin avesse perdonato chi aveva preso parte alle chiusure forzate dei tribunali e avesse ordinato la dissoluzione della milizia di Lincoln fino alle prossime elezioni (Zug, 2021).

Ad ogni modo l’attacco ci fu e il 26 gennaio le milizie aprirono il fuoco sui rivoltosi che, dopo aver patito pochissime vittime, si dispersero per venire inseguiti, nei giorni successivi, dagli uomini di Lincoln. Ebbe così fine, senza partecipazione di truppe federali nonostante i grandi sforzi di Knox, la Ribellione di Shays.

  1. L’influenza della Ribellione di Shays sul processo costituzionale statunitense e la demonizzazione di Daniel Shays

Da lunghissimo tempo la storiografia si interroga sull’impatto che la Ribellione di Shays ebbe sul processo costituzionale statunitense e sulla demonizzazione del presunto leader della rivolta. Non sorprenderà, quindi, che la letteratura sul tema sia sterminata e di sicuro non possiamo rendere giustizia a un tema così vasto in queste poche pagine. Non possiamo, tuttavia, sottrarci da alcune considerazioni al riguardo.

Il lettore più attento avrà notato, nel corso di questo articolo, una coincidenza di date che intrecciano gli eventi del Massachusetts ai più grandi avvenimenti della vita politica statunitense, destinati ad avere effetti determinati per la vita della giovane Repubblica.

La Ribellione di Shays, infatti, scoppiò il 29 agosto 1786 e, poche settimane dopo, più precisamente l’11 settembre, i delegati dei vari Stati si sarebbero dovuti riunire ad Annapolis per discutere l’assegnazione al Congresso di alcuni ulteriori poteri sul commercio. Solo i rappresentanti di cinque Stati, tuttavia, si ritrovarono nella città del Maryland. Furono loro a prendere la decisione di sciogliere questa convenzione e fissare una nuova riunione da tenersi nel mese di maggio a Philadelphia. Come noto quest’ultima convenzione, che si sarebbe dovuta riunire per discutere alcuni emendamenti agli Articoli di Confederazione, avviò il processo che terminò il 4 marzo 1789 con la ratifica e successiva promulgazione della Costituzione degli Stati Uniti (Parker, 1991).

Ritratto Benjamin Lincoln
Il generale Benjamin Lincoln (fonte: Wikipedia, licenza CC0)

Tra la fallimentare Convenzione di Annapolis e quella di Philadelphia vi fu il culmine della Ribellione di Shays, la quale mostrò la debolezza e l’inefficienza del sistema confederale che reggeva all’epoca la neonata Repubblica statunitense. Gli Articoli di Confederazione che governavano la vita politica nazionale, infatti, avevano assegnato al Congresso poteri assai deboli e, oltretutto, richiedevano l’unanimità di tutti gli Stati per l’approvazione di eventuali emendamenti. Unanimità, beninteso, praticamente impossibile da raggiungere sia per la volontà dei singoli Stati di tutelare le proprie prerogative, sia perché era ferma convinzione di molti uomini politici dell’epoca che un governo centralizzato a capo di un territorio vasto come quello degli Stati Uniti sfociasse inesorabilmente in tirannia (Feer, 1969).

Non mancavano, tuttavia, spinte verso la centralizzazione del potere, soprattutto da parte di uomini come George Washington, James Madison e Alexander Hamilton.

Vista la coincidenza di date sorge quindi spontanea la domanda che abbiamo posto a inizio paragrafo, ossia: ha la Ribellione di Shays influenzato in modo determinante il processo costituzionale statunitense?

Come nel caso di molte altre grandi domande che la storiografia si pone da lungo tempo, non abbiamo purtroppo una risposta univoca. Il dibattito, infatti, si divide tra chi riconosce un’influenza più o meno determinante di questo episodio e chi, invece, la nega.

Sicuramente l’insurrezione del Massachusetts potrebbe rappresentare uno di quei grandi momenti di violenza popolare che, come anche nel caso francese, spinse verso una riforma costituzionale e offrì alle forze nazionaliste l’occasione e il pretesto per rafforzare il governo centrale e l’apparato repressivo dello Stato (Elster, 2012).

Come ci ricorda Jon Elster, infatti, numerosi Padri costituenti potrebbero aver operato dietro la spinta emotiva degli avvenimenti e con la paura che ulteriori insurrezioni avrebbero potuto, vista la debolezza del governo centrale, precipitare gli Stati Uniti nel caos e sovvertire l’ordine. Questo sarebbe provato, per esempio, dalle note e dagli appunti presi da Madison durante i lavori della Convenzione di Philadelphia, contenenti numerosi riferimenti alla Ribellione di Shays (Elster, 2012).

Questa consapevolezza sembrerebbe emergere anche in quella che potremmo considerare “l’opinione pubblica” della neonata Repubblica. Uno studio di Rachel R. Parker compiuto su otto giornali dell’epoca sembrerebbe infatti mostrare, attraverso lettere e articoli pubblicati, un cambio di opinione a favore di una maggiore centralizzazione del governo. Analizzando giornali di Boston, di altre città minori del Massachusetts, del Connecticut e del New Hampshire per un periodo che va dal 29 agosto 1786 al 14 maggio 1787, infatti, Parker ha scoperto che. nei primi mesi della rivolta, l’88% degli articoli pubblicati sosteneva come la responsabilità di reprimere la rivolta dovesse ricadere sul governo statale di Boston. A maggio, tuttavia, la maggioranza degli articoli sosteneva che tale responsabilità dovesse appartenere alla Confederazione (Parker, 1991).

 Parrebbe quindi evidente l’influenza della rivolta sulla formazione di un’opinione pubblica a favore della centralizzazione dei poteri statali e sulla spinta verso una nuova Costituzione che andasse ad accantonare la forma statale confederale, chiudendo definitivamente una parentesi che troppo spesso aveva mostrato la debolezza del governo nazionale.

Vi sono tuttavia alcuni storici che, come Robert A. Feer, non ritengono corretto quanto appena riportato. Il processo verso la formazione di un governo forte era in atto già da molto prima della convocazione della Convenzione di Philadelphia e della Ribellione di Shays. Dal 1781, infatti, numerosi furono i tentativi di emendare gli Articoli di Confederazione, tentativi falliti proprio a causa dell’impossibile unanimità da raggiungere (Feer, 1969). Sarebbero stati quindi tutti questi tentativi abortiti e il fallimento della Convenzione di Annapolis a creare la consapevolezza di una necessità di centralizzare il potere a scapito dei singoli Stati e non la paura causata dalla Ribellione. Paura che, secondo Feer, non influenzò né il dibattito costituzionale, né la lotta politica per la ratifica della Costituzione uscita dai lavori di Philadelphia (Feer, 1969).

Illustrazione fuga dei ribelli
I ribelli in rotta, illustrazione di C. Kendrick, 1902 (fonte: Wikipedia, licenza CC0)

A margine della ricostruzione del dibattito storiografico su questo importantissimo tema non possiamo non spendere qualche parola sulla demonizzazione del presunto leader della rivolta, ossia quel Daniel Shays che, come abbiamo visto, non venne mai considerato comandante in capo dei rivoltosi e risultava essere, invece, uno dei leader dell’insurrezione.

Come abbiamo visto, sin dai primi giorni della rivolta il Governatore Bowdoin era convinto che i contadini fossero stati irretiti da demagoghi populisti intenzionati a sovvertire l’ordine statale. Restava solo da trovare le figure (o la figura) più adatta a ricoprire questo ruolo.

Lentamente le élites culturali e politiche del Massachusetts iniziarono a delineare Daniel Shays quale unico responsabile dell’insurrezione, quale demagogo che aveva ingannato gli onesti cittadini per instaurare una propria tirannia. Questo processo avvenne non solo a livello propagandistico, attraverso editoriali e prese di posizione, ma anche nei documenti ufficiali dello Stato. Il 10 marzo 1787, infatti, un decreto che garantiva un’amnistia generale riportava una clausola che escludeva dal perdono Daniel Shays, Adam Wheeler, Eli Parsons e Luke Day, principali esponenti della rivolta. Tutti loro, quindi, venivano visti come ugualmente responsabili. Il 31 marzo 1788, tuttavia, un ulteriore documento registrato negli “Atti e risoluzioni” dello Stato del Massachusetts menziona solo Shays come ispiratore della ribellione (Zug, 2021).

Non solo, questa convinzione iniziò lentamente a insinuarsi anche al di fuori dello Stato, come mostra la responsabilità attribuita al veterano delle guerre rivoluzionarie da Henry Lee nei dibattiti durante i quali la Convenzione della Virginia doveva discutere la ratifica della Costituzione nel giugno 1787 (Zug, 2021).

Shays veniva quindi lentamente designato come demagogo, come uomo malvagio intenzionato a instaurare un proprio regime tirannico. Questa deresponsabilizzazione delle masse era funzionale al progetto delle élites tanto del Massachusetts. quanto degli Stati Uniti in generale. Ammettere le motivazioni alla base della rivolta avrebbe portato a legittimare l’azione delle masse contadine, mentre incolpare un solo individuo, un populista ingannatore di onesti cittadini avrebbe permesso facilmente di screditare e delegittimare le pretese dei contadini (Zug, 2021).

  1. Conclusioni

Da quanto abbiamo riportato nelle pagine precedenti emerge come la Ribellione di Shays fu un evento determinante nella vita politica e non solo della neonata Repubblica statunitense. 

Da un lato, infatti, essa rappresentò il culmine di una situazione di malcontento, di oppressione debitoria dei contadini e di problemi politici che traevano le proprie origini dal periodo coloniale. Dall’altro lato essa non fu causa determinante dell’inizio del processo costituzionale, ma, per quanto evidenziato, fu una delle cause che portò a una svolta fondamentale per la vita politica statunitense.

Non sorprenderà, quindi, come la Ribellione di Shays fu, fin dall’indomani della sua conclusione, centrale nel dibattito politico statunitense prima e storiografico poi. Un vero e proprio punto di svolta nella storia degli Stati Uniti d’America le cui conseguenze sono visibili ancora oggi.

Davide Galluzzi – Scacchiere Storico

Davide Galluzzi è laureato in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano. Specializzato in Storia Moderna, i suoi interessi di ricerca includono la Rivoluzione francese, l’età napoleonica, la Storia culturale e l’uso pubblico della Storia.

Bibliografia

Elster J., Constitution-making and violence, Journal of Legal Analysis, Volume 4, Issue 1, Spring 2012; Engels J., Reading the Riot Act: Rhetoric, Psychology, and Counter-Revolutionary Discourse in Shays’s Rebellion, 1786-1787, Quarterly Journal of Speech, v.91 n1, 2005; Feer R.A., Shays’s Rebellion and the Constitution: A Study in Causation, The New England Quarterly, Vol.42, No.3 (Sep., 1969); Goldscheider T., Shays’ Rebellion: Reclaiming the Revolution, Historical Journal of Massachusetts, v.43, No 1, 2015; Parker R.R., Shays’ Rebellion: An Episode in American State-Making, Sociological Perspectives, Vol.34, No.1, 1991; Warren J.P., The Confederation and the Shays Rebellion, The American Historial Review, Vol.11, No 1, 1905; Zug C., Creating a Demagogue: The Political Origins of Daniel Shays’s Erroneous Legacy in American Political History, American Political Thought, V.10, No 4, 2021.

Immagine di copertina: raffigurazione della fuga delle forze di Daniel Shays dalle truppe federali, C. Kendrick, 1902. The people’s history of the world, vol. VI (fonte: Wikipedia, licenza CC0)

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Pubblicato da Scacchiere Storico

Rivista di ricerca e divulgazione storica

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