IL «GRANDE MALE» DEGLI ARMENI: ANTEFATTI DI UN GENOCIDIO QUASI DIMENTICATO

di Tecla Terazzi

Il «Grande Male» (Metz Yeghérn), come gli stessi armeni definiscono quanto loro avvenuto durante la Grande Guerra tra la Cilicia, il deserto del nord della Siria e le regioni orientali dell’Impero Ottomano, è un evento fin troppo trascurato nell’istruzione storica ordinaria e appare confinato perlopiù a una erudizione tecnica universitaria o successiva. I motivi di questa lacuna sono molteplici. Il presente articolo, pertanto, vorrebbe proporre una disamina della situazione generale in cui versava l’Impero ottomano tra la fine del 1800 e l’inizio della Grande Guerra e nella quale sono ravvisabili gli antefatti di quello che viene generalmente riconosciuto come genocidio degli armeni.

LA BIGAMIA DI SOCRATE SECONDO LA TESTIMONIANZA PERIPATETICA

di Tecla Terazzi

Nel presente elaborato con la generica espressione di “uomo greco” mi riferisco al cittadino maschio che godeva di pieni diritti, dal momento che la donna era in una condizione di subordine. Se infatti, a partire dall’età ellenistica (III secolo a.C.) la donna greca dell’Asia Minore e delle isole dell’Egeo poté godere di una maggiore emancipazione grazie per esempio all’influenza dei modelli di vita orientali e al buon livello di istruzione garantito ad ambo i sessi, la sua corrispettiva ateniese era completamente esclusa dalla vita sociale fin da tempi più remoti. L’uomo greco di condizione non servile, dunque, godeva di tutti i diritti legati all’essere cittadino ed era tenuto al rispetto delle leggi patrie laiche e a quelle relative alla sfera religiosa, ma era altresì vincolato da precisi vincoli etici espressi soprattutto dal teatro del V secolo a.C., di cui l’esempio più fulgido e noto è certo quello ateniese. Il Socrate del titolo e cioè il filosofo e “pungente tafano” della gioventù più in vista dell’Atene classica non sfugge a queste considerazioni testé spiegate.