di Federica Fornasiero
«Les premières années du XIVe siècle ne sont qu’un long’ procès (…)
les accusations vinrent en foule,
la sorcellerie était mêlée à toutes »
(Michelet, 1876)
(I primi anni del XIV secolo non sono che un lungo processo (…), le accuse arrivavano in massa e la stregoneria si mischiava a tutte.
La traduzione proposta è personale.)
- Introduzione
Durante gli anni Venti del Trecento ebbero luogo i processi per eresia a Matteo Visconti, ai suoi figli, al loro seguito, a Scoto de San Geminiano e a Francesco de Garbagnate, nonché a Ludovico il Bavaro (scomunicato nel 1327) (Benedetti, 2021) e ad altri signori dell’Italia Centro-settentrionale. Le sorti dei Visconti sono esplicitate accuratamente nei manoscritti 3936 e 3937 (BAV.VAT.Lat 3936 e 3937) conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Parent, 2019) e disponibili in versione digitale sul sito della biblioteca stessa. É possibile inoltre recuperare le tavole dei documenti e la trascrizione delle rubriche del processo nel contributo di Frati, La contesta tra Matteo Visconti e papa Giovanni XXII, nonché l’edizione critica delle fonti in Les Papes et les rebelles di Sylvain Parent.
Da Avignone, papa Giovanni XXII era deciso a sferzare un duro colpo ai nemici, con lo scopo di annientarli definitivamente. Incaricò quindi l’Ufficio dell’Inquisizione di processare gli avversari con l’accusa di eterodossia. Quale strumento migliore per sbaragliare la concorrenza ghibellina se non un processo politico per eresia?
- I motivi della crociata di Papa Giovanni XXII: eresia come scelta disubbidiente
«Per il XIV secolo, e per un particolare periodo del papato avignonese, è stata coniata la fortunata espressione “età dei processi”. Il pontefice che negli anni più recenti ha maggiormente attratto l’interesse degli studiosi per i suoi interventi – e per la ricchezza della documentazione sopravvissuta – è Giovanni XXII. Durante il suo pontificato l’eresia è ‘disobbedienza’: è opposizione ai disegni politici del papato e pertanto i processi sono peculiarmente politici» (Benedetti, 2021)

Chi era prima di tutto Giovanni XXII? Questo pontefice, successore di Clemente V, fu uno dei cosiddetti papi avignonesi (1316-1334). Desideroso di porre rimedio al dilagare delle signorie dell’Italia Centro-settentrionale, investì parecchie risorse per annientare gli irriducibili nemici della Chiesa e del papato: i famigerati ghibellini. Dalla Francia, dunque, il papa si mosse sullo scacchiere politico utilizzando metodi ormai collaudati – quali ad esempio l’interdetto, la scomunica e soprattutto il processo canonico pubblico – e disponendo di pedine da muovere dove più ritenesse congeniale. Forte dell’esempio dei papi Innocenzo III (che nel 1199, con la decretale Vergentis in senium, associò l’eresia al crimine di lesa maestà), Bonifacio VIII (che ricorse a processi politici contro i nemici della Chiesa e accomunò l’eresia alla disobbedienza politica) e di Clemente V (autore delle Clementinae, nelle quali si può scorgere il seme della discordia tra Chiesa e Visconti) (Benedetti, 2021; Frati, 1888), Giovanni XXII scagliò le sue armi su Ludovico il Bavaro e sui signori – i cosiddetti tiranni – dell’Italia Centro-settentrionale: Matteo Visconti e i suoi figli (Galeazzo, Luchino, Marco, Giovanni, Stefano), Rinaldo e Obizzo d’Este, Federico da Montefeltro, Cangrande della Scala, Castruccio Castracani, Muzio di Francesco d’Assisi, Rinaldo Bonacolsi da Mantova, insieme alle comunità di Osimo e di Recanati (Benedetti, 2019; Benedetti, 2021, Parent, 2007). Questi ultimi si configurarono quindi come disobbedienti e oppositori, perciò come eretici. La Lombardia – area più vasta dell’attuale regione italiana e che palesava peculiarità istituzionali, politiche e sociali simili – diviene conseguentemente un coacervo di dissidenti, di eretici, e un terreno di battaglia e di sperimentazione coercitiva (Benedetti, 2021; Parent, 2019). Giovanni XXII utilizzò pertanto il processo politico pubblico contro coloro i quali riteneva essere i suoi nemici, rei di essere ghibellini e quindi ribelli nei confronti di Santa Romana Chiesa. Perché proprio un processo canonico-inquisitoriale pubblico? La pubblicità processuale costruiva un duplice sistema comunicativo-propagandistico, che si esplicitava tanto in ambito giudiziario, quanto in ambito politico. La strategia pontificia verteva dunque sul rendere accessibile alle masse le fasi salienti dei procedimenti, costruendo quindi l’opinione pubblica, la quale avrebbe riconosciuto nel condannato un nemico che aveva messo in discussione l’autorità papale. Si procedeva non solo alla lettura delle lettere pontificie, ma soprattutto alla publicatio processi nei suoi momenti chiave: le motivazioni, le citazioni, le scomuniche e le condanne. Ed ecco qui palesato il chiaro intento politico-propagandistico delle procedure: smascherare pubblicamente l’avversario per quello che era, o meglio, per quello che si voleva che fosse: un ribelle, un nemico, un eretico; ammonire: mettere in dubbio l’autorità papale comportava quindi subire un processo pubblico infamante e divenire nemici dichiarati della cristianità. Inoltre, rendere pubblico il processo nelle sue fasi e fornire copie dell’incartamento agli indiziati era un modo per scongiurare il contrattacco dell’avversario. I signori avevano al loro servizio un team di giurisperiti pronti a sollevare riserve e decisi a trovare eventuali cavilli giudiziari utili ad annullare il procedimento giudiziario. Pertanto, il legato pontificio Cardinal Bertrand du Poujet (Bertrando del Poggetto) – nominato da Giovanni XXII nel 1319 – aveva il compito di assicurare che la diffusione e la pubblicità processuale fossero e rimanessero inattaccabili (Parent, 2007; Dale, 2006; Frati, 1888; Biscaro-Dante, 1920).
- Evoluzione della lotta tra papato avignonese e ghibellini italiani

Dagli anni Venti del Trecento, il papato profuse parecchie energie in processi politici per eresia, contro coloro i quali erano considerati rebelles Sancte Romane Ecclesie (Parent, 2007; Benedetti, Danelli, 2021) e heretici manifesti (Parent, 2007; Parent, 2019; Benedetti, 2021). I frammenti di questi procedimenti canonici ai danni dei ghibellini dell’Italia Centro-settentrionale sono conservati presso gli Archivi Vaticani e presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, e sono la premessa ai sopracitati manoscritti 3936 e 3937, riguardanti – come abbiamo anticipato – le accuse e le condanne a Matteo Visconti, ai suoi figli e ai fautores dell’eresia (Besozzi, 1977). Il pontificato di Giovanni XXII si denota come un periodo strettamente legato ai delicati rapporti tra papato e impero, che portò a un inasprimento di quella strategia volta ad affermare l’autorità della Chiesa con qualsiasi mezzo possibile nella lotta politico-egemonica, soprattutto nel biennio 1324-1325, durante il quale aumentò il numero delle sentenze e dei processi (Parent, 2007; Parent, 2019). Dalla fine del XIII secolo, l’Italia Centro-settentrionale vide modificare il suo assetto politico-territoriale a causa della proliferazione delle signorie, che vennero immediatamente individuate come centri di potere in opposizione al papato. Una di queste famiglie di tiranni era proprio quella dei Visconti. Preoccupava soprattutto Matteo, che nel 1313 riuscì a divenire dominus et rector generalis Mediolanensis, ottenendo il vicariato imperiale da Enrico VII (Parent, 2019; Parent, 2007; Dale, 2006). Lo scopo del pontefice era quindi quello di fermare, sradicare e «abbattere la potenza viscontea» (Frati, 1888). Si entrò dunque in una fase di lotta e, tra le crociate agli infedeli, si riconoscevano non solo quelle dottrinali, ma anche quelle schiettamente politiche. È possibile riconoscere diversi momenti nella lotta agli eretici. Il primo ebbe inizio dal 1317, quando il papa inviò in Lombardia delle ambascerie che controllassero quale fosse la situazione lombarda. Vennero incaricati Bernard de Guy e Bertrand de la Tour, entrambi membri del clero, che ispezionarono tra l’aprile e l’agosto del 1317 le città di Milano, Como, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona e Verona. Il rapporto dei due inviati non fu certo confortante per Giovanni XXII: la Lombardia era palesemente governata da tiranni, i quali avevano costruito una rete di seguaci e di collaboratori per affermare il proprio potere e quello dell’impero. Come abbiamo detto, uno dei maggiori grattacapi era costituito dai Visconti. Perciò il papa chiese ai vescovi di Como e di Asti di istruire un processo contro Matteo, i suoi figli, i suoi seguaci, il podestà di Milano e nei confronti del giudice Scoto di San Giminiano. Tuttavia, i citati si rifiutarono di rispondere alle accuse (come avvenne nella maggior parte dei casi in cui venivano querelati i grandi signori): un grave affronto al pontefice (Benedetti, Danelli, 2021; Parent, 2007; Parent, 2019). Nel gennaio 1318 si procedette quindi con la scomunica di Matteo e del suo entourage, e a scagliare l’interdetto sulle città di Milano, Verona e Novara. Nell’anno successivo, nel luglio 1319, Giovanni XXII nominò il cardinal Bertrand du Poujet legato pontificio in Italia Settentrionale. A seguito delle azioni militari tra il 1320-1321, si entrò quindi in una seconda fase giudiziaria, quella testimoniata anche dai manoscritti 3936 e 3937. Si colpirono indiscriminatamente i maggiori signori dell’Italia Centro-settentrionale e l’imperatore Ludovico il Bavaro (Parent, 2007; Parent, 2019; Frati, 1888). Notizie pubbliche delle accuse, delle citazioni e delle scomuniche, nonché gli instrumenta publicationis, vennero affisse nelle diocesi dell’Italia, della Francia e nell’impero, in luoghi pubblici, poiché tutti sapessero come si stesse evolvendo la calda “questione italiana” (Parent, 2007; Parent, 2019).

- Visconti: heretici manifesti, inhabiles et indignos
«I Visconti sono l’archetipo dei cattivi: ricchi, potenti, ambiziosi e spietati. Tuttavia, lo stesso si potrebbe dire dei loro più incalliti avversari, i papi avignonesi. La rappresentazione stereotipata dei Visconti, infatti, ha oscurato il rapporto simbiotico tra Visconti e i papi avignonesi nel XIV secolo. Gli interessi dell’uno sono legati alla sopravvivenza dell’altro. I Visconti furono una delle tante famiglie, ugualmente ambiziose e spesso ugualmente rapaci, in lizza per il potere politico e in competizione nell’espansione nell’Italia del Trecento. Ma, isolando deliberatamente i Visconti come un nemico demoniaco che doveva essere sradicato dall’Italia, il papato, e in particolare i suoi legati, crearono inconsapevolmente il mito visconteo, perché più e più volte le forze dei papi avignonesi non poterono estirpare i Visconti.» (Dale, 2006)

Il pontificato di Giovanni XXII si distinse non solo per la veemenza con la quale ci si scagliò contro i presunti ribelli della Santa Sede, ma anche per una certa morbosità nei confronti di tutte quelle pratiche legate alla magia, all’occulto, al demonio. Per attaccare e diffamare l’avversario era pertanto necessario provare quanto questi ribelli – disobbedienti e quindi eretici manifesti – avessero legami con «pratiche deviate» (Parent, 2019) e con ambienti eterodossi, procedendo così alla demonizzazione del rivale politico. È utile a questo punto cercare di contestualizzare succintamente quanto riportato finora. Durante la prima metà del XIV secolo, le principali minacce al papato e alla Santa Romana Chiesa erano sicuramente quattro: prima di tutto, la doppia incoronazione a Milano e a Roma di Ludovico il Bavaro e la successiva elezione di un antipapa; secondariamente, anche Avignone viveva una stagione di fervente dibattito teologico-religioso, che avrebbe potuto minare l’autorità papale; inoltre, non ci si può dimenticare degli Spirituali in ambito francescano; infine, facevano sicuramente paura le famiglie nobiliari e alcune comunità dell’Italia Centro-settentrionale, in rapida ascesa ed espansione (Visconti, della Scala, Este, Montefeltro, per esempio) e sprezzanti dell’autorità del lontano papa (Parent, 2019).
Facciamo quindi un piccolo passo indietro: quali sono le premesse ai processi contro i ghibellini italiani? Sicuramente, l’astio nei confronti di questi tiranni nasceva dal fatto che questi ultimi si fecero sostenitori degli interessi della parte imperiale e si rifiutarono di piegarsi definitivamente all’autorità pontificia. Perché? Il seme della discordia fu piantato sicuramente durante la prima metà del XIV secolo. L’imperatore Enrico VII, durante gli anni Dieci del Trecento, concesse ai signori italiani – tra cui appunto Matteo Visconti – il vicariato. Tuttavia, quando Enrico morì nel 1313, il soglio imperiale rimase vacante e conseguentemente i vicariati concessi dal defunto sovrano iniziarono a risultare un grattacapo non indifferente. Nel frattempo, Giovanni XXII tentò di affermarsi in qualità di suprema autorità tanto spirituale, quanto temporale: il primato spettava pertanto al papa, ora capo supremo della Chiesa e dell’impero, poiché il titolo imperiale era vacante. Essendo il pontefice la principale autorità, solo a lui era dato di concedere vicariati; infatti, ogni vicariato assunto senza autorizzazione papale avrebbe causato pesanti scomuniche e sanzioni temporali. Ecco quindi che si aveva l’opportunità di frenare le ambizioni e l’espansione politico-territoriale degli avversari ghibellini, anche grazie al compito assegnato al fidato legato pontificio Bertrand du Poujet, ovvero sradicare la disobbedienza ghibellina in Italia (Parent, 2019; Dale, 2006). A questo punto, Giovanni XXII pretendeva che tutti coloro che furono al tempo nominati vicari imperiali da Enrico VII rinunciassero definitivamente all’onore e nel 1317 pubblicò la bolla Si Fratum, con la quale si rivendicava il pieno diritto ad esercitare il potere temporale, si ribadiva il supremo potere papale e si scomunicavano i ghibellini italiani, qualora non avessero deposto immediatamente il vicariato imperiale, palesandosi dunque come ribelli (Dale, 2006; Bullarium, 1859). Successivamente, nel 1327 Ludovico il Bavaro venne incoronato imperatore a Milano e a Roma. Quest’ultimo decise di utilizzare i medesimi mezzi di Giovanni XXII contro lo stesso pontefice; infatti, siccome a Roma il soglio pontificio era vacante – il papa era ad Avignone – Ludovico incoronò un antipapa, Nicolò V, nel 1328. Tuttavia, questa mossa non diede i frutti desiderati; infatti, sebbene i ghibellini si schierassero vigorosamente contro le pretese temporali di Giovanni XXII, d’altra parte non avrebbero messo in discussione la sua autorità religiosa e avrebbero desiderato un ritorno della corte pontificia in Roma. Infine, Ludovico il Bavaro venne pagato da Azzone Visconti per lasciare l’Italia nel 1330, inaugurando una nuova fase nella problematica relazione tra papato e ghibellini. Come abbiamo già detto, però, prima di una finale e formale riconciliazione tra forze ghibelline e papato, i rapporti tra le due parti non furono certo distesi.

Come abbiamo accennato, diverse furono le accuse avanzate contro i ribelli della Santa Romana Chiesa e soprattutto contro i Visconti, l’archetipo del villain. Uno dei primi tentativi di discredito nei confronti della potente famiglia milanese fu sicuramente quello di palesare le relazioni – o presunte tali – tra la Vipera e gli ambienti eterodossi. Giovanni XXII era ossessionato dalla magia, dall’occulto, dal diabolico e abbiamo già indicato come abbia via, via cercato di infangare la fama degli avversari politici, accusati di “pravità eretica” (Parent, 2019). Si diceva infatti che Matteo Visconti, i suoi figli e il suo entourage non solo frequentassero personaggi dalla dubbia moralità, ma anche che praticassero sortilegi contro lo stesso papa. È bene riportare la testimonianza avanzata nel 1320 dal chierico milanese Bartolomeo Cagnolato, che denunciava i Visconti per avergli chiesto di maledire il pontefice. Bartolomeo infatti riferì di essere stato convocato da Matteo nell’ottobre del 1319 per ripagare i suoi debiti nei confronti del Comune e di privati. Il chierico quindi si recò a Milano e venne accolto dallo stesso Matteo, da Scoto de San Giminiano e dal medico Antonio Pelacane. Scoto allora: «ad un cenno di Matteo levò di sotto le vesti una statuina d’argento, alta poco più di un palmo, raffigurante un uomo ignudo (…). Matteo aveva soggiunto: “questo papa innanzi a Dio è tanto poco papa, quanto posso esserlo io. Se fosse papa non commetterebbe le enormità che compie e non metterebbe il mondo a soqquadro. Esso fa ogni sforzo per spogliarmi della signoria e per annientarmi. Voglio bene rendergli la pariglia. (…). Vedi, Bartolomeo (…) voglio che tu compia i suffumigi con le debite solennità» (Biscaro-Dante, 1920). Bartolomeo dichiarò infine di essersi sottratto a quanto richiesto, con la promessa di non farne parola con nessuno. Venne poi novembre e Bartolomeo venne nuovamente convocato da Matteo. Questa volta, fu incaricato di portare la statuina a Verona da messer Pietro Nani, esperto a quanto pare di questi riti. Il chierico riuscì ancora a esimersi dall’incarico con una scusa, suscitando l’ira della Vipera, che lo cacciò e affidò la statuina al medico Pelacane (Biscaro-Dante, 1920).
Furono anche altre le accuse di peccati ignobili e relazioni poco raccomandabili. Infatti, Marina Benedetti ci spiega come Matteo Visconti fosse in qualche modo legato alle sorti di soror Maifreda da Pirovano dell’Ordine delle Umiliate ed eretica (Benedetti, Danelli, 2021; Fornasiero, 2021). Quest’ultima fu «l’unica donna in posizione di rilievo nei processi attivati da Giovanni XXII contro i signori di Milano in una strategia per cui l’accusa di eresia diventa “il mezzo estremo e spregiudicato di sedare una ribellione”» (Benedetti, Danelli, 2021). Maifreda, arsa viva nel 1300, aveva quindi legami famigliari con il dominus milanese, il quale a sua volta intratteneva contatti con la secta Menfrede heretice et sociorum (Benedetti, Danelli, 2021; Parent, 2019). I Visconti pertanto si palesavano come tiranni, ribelli ed eretici, poiché disobbedienti, in quanto avevano relazioni con l’ambiente eterodosso e perché praticavano sortilegi, magie e incantesimi diabolici (Benedetti, Danelli, 2021; Parent, 2019).
- Il processo e la riabilitazione
Ufficialmente, il processo ai danni dei Visconti e dei loro fautori ebbe inizio nel dicembre 1321, quando Giovanni XXII indirizzò una lettera ad Aicardo de Camodeia, arcivescovo di Milano e inquisitore, e agli inquisitori Barnaba da Vercelli, Pace da Vedano, Giordano da Moncucco e Onesto da Pavia (Benedetti, Danelli, 2021; Parent, 2019; BAV.VAT.Lat 3937). Siccome la città di Milano rimaneva ancora inaccessibile al tribunale inquisitoriale, nel gennaio 1322 il procedimento venne spostato nell’astigiano, dove vennero convocati i ghibellini italiani. Il 14 marzo, Matteo Visconti – che non si presentò una volta citato e venne dichiarato contumace – venne condannato come hereticus manifestus. A seguire, la stessa sorte toccò ai figli del dominus. Una volta confermata la colpevolezza di Matteo, Galeazzo, Luchino, Marco, Giovanni e Stefano Visconti – heretici manifesti, inhabiles et indignos, e conseguentemente fuori legge – anche il loro entourage – i cosiddetti fautores hereticorum – essi subirono pesanti condanne, scomunica, confisca dei beni e perdita di diritti (Benedetti, Danelli, 2021; Parent, 2019; Frati, 1888).

Tuttavia, non si deve dimenticare il ruolo dei Visconti nella controversia tra papato e impero. Infatti, furono proprio i signori di Milano a pagare per ricacciare Ludovico il Bavaro in Germania. Il papato era in debito con le Vipere, letteralmente. Pertanto, iniziò quella fase che potremmo considerare riabilitativa della fama della famiglia Visconti: Giovanni venne eletto vescovo di Novara nel 1332 dallo stesso Giovanni XXII, che lo aveva precedentemente scomunicato. Azzone ottenne invece un vicariato pontificio per le città di Milano e Piacenza. Ma furono soprattutto i successori di Giovanni XXII a distendere i rapporti con la famiglia milanese. Benedetto XII ritirò le accuse di eresia, le scomuniche, gli interdetti e offrì ai Visconti l’assoluzione (Biscaro-Relazioni, 1920; Dale, 2006; Benedetti, 2019; Benedetti, 2021).
Conclusione
In questo breve articolo si è cercato di spiegare una questione complessa, dalla svariate sfaccettature e considerabile sotto diversi punti di vista. Si è quindi cercato di fare una sintesi che possa essere il più possibile esaustiva e che possa anche stimolare la curiosità dei lettori. Si è visto come la lotta tra papato e impero si intersechi con la famigerata questione ghibellina italiana e come il pontefice e l’imperatore si siano mossi su un terreno tutt’altro che solido. Si è voluto inoltre considerare, anche attraverso le fonti, come si agì nei confronti di chi si reputava ribelle e come questa disobbedienza venisse paragonata al crimine di eresia. È inoltre interessante notare come cambino le strategie di attacco o difesa in base alle contingenze. Mosse e contromosse hanno delineato un quadro sicuramente complicato, ma estremamente interessante.

Federica Fornasiero – Scacchiere Storico
Federica Fornasiero è medievista di formazione, laureata in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano e diplomata alla scuola APD dell’Archivio di Stato di Milano. Ad ora è dottoranda presso l’Università degli Studi di Bergamo, con un progetto sull’emigrazione italiana nel XIX secolo. I suoi interessi principali sono la storia sociale, economica e di genere, ma non disdegna anche la storia delle chiese e delle eresie medievali.
Bibliografia
Benedetti M., Condanne e riabilitazioni nei processi inquisitoriali medievali. Alcune -riflessioni, in Tra storia e diritto. Giustizia laica e giustizia ecclesiastica dal Medioevo all’Età Moderna, a cura di Bassani A., Benedetti M., Santangelo A., Giuffrè Francis Lefebvre, Milano 2019, pp. 35-50, distribuito in forma digitale da Air.Unimi.it, consultato il 18/01/2022: https://air.unimi.it/retrieve/handle/2434/694758/1635326/Benedetti%2c%20condanne%20e%20riabilitazioni.pdf; Benedetti M., Medioevo inquisitoriale. Manoscritti, protagonisti, paradossi, Salerno Editrice, Roma 2021; Bertram M., The catalogue of juridical manuscripts in the Vatican Library: a report on the present state of an uncompleted project, In Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae XX, Studi e testi 484/2014, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2014; distribuito in forma digitale da Academia.edu, consultato il 18/01/2022: https://www.academia.edu/44089425/The_Catalogue_of_Juridical_Manuscripts_in_the_Vatican_Library_a_Report_on_the_Present_State_of_an_Uncompleted_Project_co_author_Martin_Bertram_?auto=download; Besozzi L., I varesini nella contesa tra Giovanni XXII e i Visconti, in Rivista della Società Storica Varesina, fascicolo XIII/aprile 1977, pp. 25-34: distribuito in forma digitale da Società Storica Varesina, consultato il 18/01/2022: https://www.societastoricavaresina.org/wp-content/uploads/2014/10/13_1977.pdf; Biscaro G., Dante Alighieri e i sortilegi di Matteo e Galeazzo contro Giovanni XXII, in Archivio Storico Lombardo, serie 5, fascicolo 4/dicembre 1920, p. 446-481; distribuito in forma digitale da Emeroteca Braidense, consultato il 18/01/2022: http://emeroteca.braidense.it/eva/sfoglia_articolo.php?IDTestata=26&CodScheda=113&CodVolume=1185&CodFascicolo=2818&CodArticolo=93207; Biscaro G., Le relazioni dei Visconti con la Chiesa, in Archivio Storico Lombardo, serie 5, fascicolo 3/settembre 1920, pp. 193-271; distribuito in forma digitale da Emeroteca Braidense, consultato il 18/01/2022: 20/01/2022: http://emeroteca.braidense.it/eva/sfoglia_articolo.php?IDTestata=26&CodScheda=113&CodVolume=1185&CodFascicolo=4004&CodArticolo=93202; Bullarium Romanum, a cura di Tomassetti et alles, Tomo IV, 1859; distribuito in forma digitale da ICAR. BeniCulturali, consultato il 18/01/2022: https://www.icar.beniculturali.it/biblio/_view_volume.asp?ID_VOLUME=2120; Contro frate Bernardino da Siena. Processi al maestro Amedeo Landi (Milano 1437-1447), a cura di Benedetti M., Danelli T., Milano University Press, Milano 2021; Dale S., The Avignon papacy and the creation of the Visconti myth, in La vie culturelle, intellectuelle et scientifique à la cour des papes d’Avignon, a cura di Hamesse J., Fédération Internationale des Instituts d’Études Médiévales – Textes et Études du Moyen Age, 28, Brepols, Turnhout 2006, p. 333-366 ; Fornasiero F., Questione di punti di vista: eresie ed eretici medievali, in Rivista online di ricerca e divulgazione di Scacchiere Storico, 4 ottobre 2021, disponibile online alla pagina https://scacchierestorico.com/2021/10/04/questione-di-punti-di-vista-eresie-ed-eretici-medievali/; Frati L., La contesa fra Matteo Visconti e Papa Giovanni XXII secondo i documenti dell’Archivio Vaticano, in
Archivio Storico Lombardo. Giornale della società storica lombarda, giugno 1888, Serie 2, Volume 5, Fascicolo 2; distribuito in forma digitale da Emeroteca Braidense, consultato il 18/01/2022: http://emeroteca.braidense.it/eva/sfoglia_articolo.php?IDTestata=26&CodScheda=113&CodVolume=777&CodFascicolo=5730&CodArticolo=60747; Manoscritto: BAV Vat.lat.3936: testimonianze principali contro Matteo Visconti e figli; digitalizzato da Archivio Vaticano: https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.3936; Manoscritto: BAV Vat.lat.3937, atti principali del processo contro Matteo Visconti, i suoi figli, il suo entourage (primo libro) e i fautori dell’eresia (secondo libro); digitalizzato da Archivio Vaticano: https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.3937; Michelet J., Histoire de France, tomo IV, Lacroix Editeurs, 1876; distribuito in forma digitale da Gallica.fr, consultato il 18/01/2022: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k297501/texteBrut; Parent S., Les Papes et les rebelles. Trois Procès pour rébellion et hérésie au temps de Jean XXII (Marche d’Ancône, Romagne, Lombardie), Sources et Documents 9, École Française de Rome, Roma 2019; Parent S., Publication et publicité des procès à l’époque de Jean XXII (1316-1334). L’exemple des seigneurs gibelins italiens et de Louis de Bavière, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge, tome 119, n. 1/2007, pp. 93-134; distribuito il forma digitale da Persée.fr, consultato il 18/01/2022: https://www.persee.fr/doc/mefr_1123-9883_2007_num_119_1_9435; Robert A.-M., Le procès de Matteo et de Galeazzo Visconti. L’accusation de sorcellerie et d’hérésie, Dante et l’affaire de l’envoûtement (1320), in Mélanges d’archéologie et d’histoire de l’École Française de Rome, Tomo XXIX, Cucciani editore, Roma 1909; distribuito in forma digitale da Gallica.fr, consultato il 18/01/2022: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k938356p/f13.item#.
Immagine di copertina: Allegoria ed effetti del malgoverno, affresco di Ambrogio Lorenzetti, 1338-1340. Palazzo Pubblico, Siena (fonte: Wikipedia, licenza CC0)
Scarica l’articolo in formato PDF:
