RITRATTI FEMMINILI DAL MUSEO ARCHEOLOGICO DI VENEZIA: AGRIPPINA MAGGIORE

di Michele Gatto

Osservando i ritratti marmorei di età romana presenti presso la Sala IX del Museo Archeologico di Venezia, si può notare la presenza di quello appartenente a un personaggio femminile di rilievo all’interno della dinastia Giulio-Claudia e, più in generale, della lunga serie di augustae succedutesi nei palazzi imperiali romani. Stiamo parlando di Agrippina Maggiore, figlia di Giulia e Agrippa, nipote di Augusto, moglie di Germanico e madre di Caligola: insomma, una donna dalla personalità e dal curriculum di tutto rispetto. Nata nel 14 a.C., Agrippina, o meglio, Vipsania Giulia Agrippina, ad appena due anni rimase orfana del padre Agrippa, ed assistette al fallimento di tutte le manovre politiche tentate da Augusto per la successione. Costretto dalle circostanze (volute o meno, ma su questo non ci soffermeremo) a cambiare più volte piani, il princeps designò Tiberio, il quale nel frattempo aveva sposato Giulia, dando vita ad una unione destinata presto a naufragare.

In questo contesto, Agrippina crebbe venendo educata a conformarsi al modello matronale arcaico romano, secondo i dettami del mos maiorum, ma allo stesso tempo ricevendo per volere di Augusto un’istruzione di qualità elevata, con un’attenzione particolare alla retorica. Rimasta senza la madre Giulia, travolta da scandali e mandata in esilio, e una volta morti i fratelli Gaio e Lucio, Agrippina nel 5 d.C. venne data in moglie a Germanico, nipote sia di Augusto, sia di Tiberio: personaggio potenzialmente candidabile al trono imperiale, Germanico era un uomo di valore umano e militare, come avrebbe in seguito dimostrato. Da questa unione, Agrippina diede alla luce sei figli maschi (alcuni morti prematuramente) e tre figlie femmine, rispettando così i dettami augustei riguardanti la prolificità matrimoniale, tanto da venire celebrata come modello femminile ideale: perciò, oltre ad essere funzionale agli scopi della propaganda imperiale, la coppia era stata capace di creare un legame di sangue tra i due rami della dinastia.

Ritratto di Agrippina
Ritratto di Agrippina Maggiore, Museo Archeologico di Venezia, Sala IX (fonte: Wikimedia, licenza CC0)

Dopo la morte di Augusto nel 14 d.C., Tiberio divenne imperatore, mentre Germanico era stato inviato a svolgere alcune spedizioni militari atte a stabilizzare il limes renano e vendicare la disfatta di Teutoburgo del 9 d.C. ad opera delle tribù germaniche. Ovviamente, Agrippina seguì il marito e si rese protagonista di alcuni episodi conseguenti alla propria fama: scoppiata una rivolta tra le legioni del Reno, secondo Tacito gli animi si sarebbero placati alla vista dell’allontanamento di Agrippina e del piccolo Caligola dall’accampamento, voluto da Germanico per tutelarne l’incolumità. La matrona aveva fatto leva sulla propria reputazione ed il figlioletto (al quale in questo contesto venne attribuito il suo soprannome) per accattivarsi le simpatie dei soldati e, di conseguenza, favorire l’ascesa al trono del marito, di fatto orchestrando una possibile eversione contro Tiberio: in questo senso, non si trattava di azioni estemporanee, se consideriamo i tentativi paralleli di liberazione dall’esilio del fratello Agrippa Postumo, poi fatto giustiziare dal neo imperatore. Agrippina cercò quindi di portare dalla sua parte i legionari del Reno supportandoli ed incitandoli in ogni occasione, avendo compreso che il loro malcontento per le condizioni di arruolamento e il loro peso politico potevano tornare a suo vantaggio. Tuttavia, Germanico non assecondò questi piani, il che permise la definitiva ricomposizione della rivolta, oltre al ritorno della tranquillità politica e familiare, anche se quest’ultima, forse, solo apparente. Tiberio, infatti, nel 16 d.C. richiamò Germanico a Roma nonostante i risultati sostanzialmente positivi che questi aveva ottenuto durante le spedizioni oltre il Reno: vista la sua conoscenza del territorio, decise di non insistere in nuove campagne e di limitarsi a presidiare il limes per non sprecare altre risorse, anche se secondo Tacito ciò avvenne invece perché il princeps temeva la popolarità del nipote e ne invidiava i successi.

L’anno successivo, dopo la celebrazione del trionfo, Germanico (che aveva appena ottenuto il consolato) fu inviato in Siria e nel corso del viaggio, a Lesbo, Agrippina partorì loro figlia Livilla. Una volta arrivati, Germanico dovette collaborare con Calpurnio Pisone, governatore neo eletto della provincia: fin da subito però, il senatore avrebbe attuato delle macchinazioni per evitare che il giovane generale potesse raccogliere consensi tra le legioni orientali, forse mettendolo anche in difficoltà durante la sua missione diplomatica in Armenia, altrettanto importante riguardo i rapporti con l’impero partico. Allo stesso tempo, Agrippina dovette fare i conti con le analoghe trame della moglie del governatore, Munazia Plancina, in un piano generale di delegittimazione successivamente attribuito a Tiberio dai sostenitori di Agrippina e Germanico. La coppia, destinataria di diversi onori dalle comunità orientali, ad esempio in Egitto, li aveva accettati di buon grado stringendo legami con dinastie ed élites locali, anche in un’ottica di futura eredità dell’impero: Pisone e Plancina avrebbero quindi cercato di arginare queste manovre, oltre a contestare atteggiamenti ritenuti inopportuni per dei rappresentanti dell’imperatore. Quando nel 19 d.C., Germanico si ammalò ad Antiochia, sembra avesse sospettato fin dall’inizio di essere vittima di un avvelenamento da parte del governatore, raccomandandosi con Agrippina, prima di morire, di non sfidare il potere di Tiberio al fine di tutelare la sua posizione e quella dei figli all’interno della dinastia.

Dopo la morte e i funerali del marito ad Antiochia, Agrippina ne riportò le ceneri a Roma, in un clima di profondo cordoglio e di sospetto verso l’imperatore: infatti, lo stesso sbarco a Brindisi della matrona sarebbe stato da lei orchestrato in modo da accrescere il più possibile consensi ed empatia popolare nei suoi confronti, sottolineandone la virtù nell’atto di trasportare personalmente l’urna, modello di pietas romana. I sostenitori di Agrippina riuscirono così a creare nell’opinione pubblica un clima a lei estremamente favorevole, sottolineando la sua discendenza diretta da Augusto, mentre contemporaneamente Tiberio si trovò in difficoltà: nella stessa Tabula Siarensis, contenente le disposizioni e gli onori attribuiti a Germanico dal Senato, Agrippina ottenne una menzione specifica. Infine, Pisone e Plancina vennero fatti processare per il presunto assassinio di Germanico, tuttavia uscendone sostanzialmente assolti, anche grazie al suicidio “riparatore” del primo, in anticipo sulla sentenza.

Dipinto di Agrippina con le ceneri di Germanico
Agrippina sbarca a Brindisi con le ceneri di Germanico, B. West, 1768. Yale University Art Gallery (fonte: Wikimedia, licenza CC0)

Il ritratto marmoreo nella Sala IX raffigura bene la forte personalità di Agrippina: esso si riferisce ad una tipologia fatta derivare da quello conservato ai Musei Capitolini, adottata sia in vita, sia dopo la morte della matrona. I suoi lineamenti, seppur idealizzati e classicheggianti, sono però in grado di esprimere dignità e malinconia, accentuate dalla profondità degli occhi oltre che dall’inclinazione della testa. Ma una particolare attenzione va attribuita alla capigliatura, in grado di simboleggiare il passaggio dell’impero attraverso varie fasi politiche: all’austerità dei costumi dettata da Augusto erano corrisposte infatti pettinature sobrie, ben esemplificate da quella dell’Augusta Livia. Ovviamente, col passare del tempo questi canoni cominciarono gradualmente a subire dei cambiamenti, comunicando minore severità: il nodo frontale lasciò spazio a capelli separati al centro con ciocche ondulate sui lati, raccolti in una coda sopra le spalle. L’artefice di un primo vero rinnovamento dell’immagine femminile fu proprio Agrippina Maggiore, la cui capigliatura ondulata era stata adornata da riccioli sulle tempie (realizzati con l’uso del trapano) a coprire le orecchie, con ciocche in parte libere lungo il collo e in parte legate in una coda. Era un evidente riferimento ad ideali di bellezza classici, connessi alla figura di Venere e ai suoi boccoli, simbolo di ricchezza e benessere: si trattava di una nuova moda, seguita sia nella dinastia imperiale, sia negli ambienti privati, destinata a condurre verso nuove, elaborate, soluzioni.

Negli anni successivi alla morte di Germanico, la fazione facente capo ad Agrippina cominciò però ad indebolirsi quando ebbe inizio l’ascesa del prefetto del pretorio Seiano: gradualmente, la matrona vide eliminati o passare dalla parte dell’avversario politico diversi suoi sostenitori, mentre questo alimentava i sospetti di un complotto di Agrippina contro Tiberio. Sempre più isolata e rifiutatale la possibilità di contrarre nuove nozze, la nipote dell’imperatore sarebbe diventata vittima delle macchinazioni di Seiano, tanto da essere accusata di comportamenti immorali e, dopo la morte di Livia che aveva cercato di proteggerla, condannata nel 29 d.C. all’esilio sull’isola di Pandataria. Durante la prigionia, avrebbe comunque conservato un atteggiamento fiero e dignitoso preferendo lasciarsi morire per inedia, sebbene avesse anche subito maltrattamenti: la notizia della sua scomparsa, avvenuta nel 33 d.C., fu annunciata dallo stesso Tiberio, che propose un ritratto negativo contrastante con l’immagine attribuita in precedenza ad Agrippina. Ci avrebbe pensato il figlio Caligola, una volta diventato imperatore nel 37, a riabilitare la figura materna, facendo seppellire le sue ceneri nel mausoleo di Augusto.

Michele Gatto – Scacchiere Storico

Michele Gatto è uno studioso dell’antichità greca e romana, in particolare della Grecia in età classica e di Roma in età imperiale. È specializzato in Numismatica Antica. I suoi interessi arrivano a comprendere inoltre la storia bizantina.

Bibliografia

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Valentini A. 2019, Agrippina Maggiore. Una matrona nella politica della domus Augusta, Venezia.

Immagine di copertina: ritratti dalla Sala X del Museo Archeologico di Venezia (fonte: autore, Mentnafunangann; licenza, CC BY-SA 4.0)

Pubblicato da Scacchiere Storico

Rivista di ricerca e divulgazione storica

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