PAESTUM, CROCEVIA DI CULTURE

di Michele Gatto

1. La fondazione

Verso la fine del VII secolo a.C., coloni achei provenienti dalla città magnogreca di Sibari si spostarono in direzione dell’attuale Campania e, in un punto non lontano dalla costa, in prossimità del fiume Sele, fondarono Poseidonia, l’attuale Paestum. In realtà, le cose potrebbero non essere state così semplici. Secondo Strabone, questi coloni avrebbero prima stabilito una roccaforte sul mare, per spostarsi successivamente nell’entroterra (Strabone, V, 4, 13): le indagini archeologiche avrebbero identificato questa roccaforte con l’odierno centro di Agropoli (Giangiulio, 2021). Indubbiamente, i coloni saranno entrati in contatto con le popolazioni locali e, solo dopo aver stipulato delle alleanze, fondarono la città vera e propria intorno al 600 a.C., attribuendole il nome del santuario dedicato a Poseidone forse ubicato nel primo sito di approdo. È possibile, inoltre, che la nuova polis sia stata stabilita al di sopra di un precedente insediamento indigeno e che progressivamente abbia inglobato gli accampamenti fino alla costa: probabilmente, un primo processo di urbanizzazione cominciò con la costruzione del tempio di Era lungo l’ultimo tratto navigabile del Sele, in un territorio ai cui confini presenziava anche un santuario di Artemide (Zuchtriegel, 2022; Greco, 1992). 

La scelta di questo sito per la fondazione della città fu dovuta con buona probabilità alla possibilità di condurre commerci sul mare, oltreché alla presenza di acque, terre fertili e confini naturali rappresentati dalle alture circostanti. Ciò ne favorì indubbiamente lo sviluppo, come l’intrattenimento di rapporti sia economici, sia culturali con le altre città greche e con le popolazioni indigene che avevano subito l’influenza etrusca (Mello, 1985): durante il VI secolo a.C., se ne ebbero dei riflessi nell’urbanizzazione (Ficuciello, 2017) e, soprattutto, nella costruzione di templi. All’interno del centro urbano, nei pressi dell’agorà e dell’heroon (la tomba del fondatore mitico), il santuario più antico era quello dedicato ad Atena, in seguito distrutto da un incendio e ricostruito intorno al 500 a.C. nella forma ancora oggi visibile; ad esso, venne quindi assegnato un posto di rilievo all’interno della polis, forse per la natura protettrice e cittadina della dea (Zuchtriegel 2022; Greco, 1992; Brandonisio, 2017). Per quanto riguarda il santuario di Era sul Sele, secondo il mito fondato da Giasone (Strabone, VI, 1, 1; Plinio il Vecchio, Storia Naturale, III, 70), si tratta del primo luogo di culto legato alla città greca: un tempio arcaico, nel quale cominciava ad essere visibile il passaggio verso un’architettura più legata all’uso della pietra che del legno e decorato da una grande varietà di metope a tema mitologico (Greco, 1992; Zuchtriegel, 2022; Durando, 2004a); sempre alla dea sarebbero stati dedicati i due templi del centro urbano conosciuti come “basilica” e “tempio di Nettuno”: costruiti tra il VI e il V secolo a.C., è possibile che, nel primo caso, l’edificio enneastilo fosse legato anche ad un’altra divinità (Greco, 1992; Zuchtriegel, 2022; Symeonoglou, 1985; Zancani Montuoro, 1963). 

Moneta argentea di Poseidonia
Moneta in argento di Poseidonia, VI secolo a.C. Al diritto, Poseidone avanzante verso destra regge un tridente con la mano sinistra ed ha un drappo sulle spalle; legenda, ΠOΣ. Al rovescio, la stessa immagine è incusa (fonte: British Museum, licenza CC BY-NC-SA 4.0)

Il legame con Poseidone, la divinità che conferiva il nome alla città, è espresso invece principalmente sulla monetazione. Poseidonia avrebbe cominciato a coniare moneta in argento a partire dall’ultimo quarto del VI secolo a.C., collocando la figura del dio nudo (ad eccezione di una clamide appoggiata sulle spalle) stante a destra a gambe divaricate, mentre sta scagliando il tridente con la mano destra: la stessa immagine, a volte accompagnata da un delfino o un serpente marino, è posta sia al diritto, sia al rovescio, ma la principale particolarità è dovuta all’incusione (incavamento) del secondo, applicando una tecnica particolarmente diffusa in Magna Grecia (Cantilena, Carbone, 2015).

Poseidonia, perciò, crebbe sotto vari punti di vista, continuando a prosperare anche al volgere del V secolo a.C., economicamente, politicamente e culturalmente, secondo un processo tangibile a livello urbanistico e non solo. Se, tra il VI e il V secolo, la città si sviluppò secondo una griglia con tre plateiai (strade principali) circondata da mura (Zuchtriegel, 2022; Greco, 2000), tenendo inoltre conto della stessa monumentalizzazione sacra alla quale abbiamo già accennato, l’inclusione nella sfera di influenza della madrepatria Sibari ebbe effetti positivi anche a livello politico: ciò può essere dimostrato dal trattato conservato presso il santuario di Olimpia stretto dai Sibariti e i loro alleati coi Serdaioi (appartenenti alla comunità italica degli Enotri) del quale Poseidonia si fece garante (Mello, 1985; Giangiulio, 2021), o dal ruolo di intermediazione svolto nella fondazione di Elea/Velia (Erodoto, I, 163-167). L’apertura culturale e politica della polis nei confronti dei vicini ha poi un riscontro nell’arte funeraria: le necropoli di questa fase, mostrano la presenza di tombe costituite da lastre e affrescate all’interno, secondo la tradizione etrusca ed italica. Un esempio lampante è quello della famosa “tomba del Tuffatore”, appartenuta probabilmente ad un membro dell’élite cittadina e decorata dalle raffigurazioni di natura aristocratica e conviviale del simposio (Zuchtriegel, 2022; Durando, 2004a; Holloway, 2006).

La situazione di stabilità cominciò a subire degli scossoni con la caduta di Sibari per mano di Crotone, verso la fine del VI secolo a.C. (Strabone, VI, 1, 13): Poseidonia, dopo aver probabilmente accolto degli esuli sibariti, cercò così di conservare i rapporti con gli alleati della madrepatria e, visto il vuoto di potere venuto a crearsi, provò a raccoglierne l’eredità, sebbene questo rischiasse di creare situazioni di tensione. Infatti, forse alla metà circa del V secolo a.C., potrebbe risalire una guerra contro la vicina Velia (Strabone, VI, 1, 1), causata proprio dal tentativo di espansione verso sud con il coinvolgimento di soldati mercenari appartenenti ai Lucani. Dalla fine della cosiddetta egemonia sibarita, gli equilibri della Magna Grecia cominciarono così a modificarsi, lasciando, non a caso, più spazio all’intraprendenza delle genti italiche (Giangiulio, 2021).

2. Dalla città greca alla città romana

Nel V secolo a.C., Poseidonia rappresentava una delle città più importanti della costa tirrenica, dimostrando la propria vivacità anche attraverso la costruzione, nel 450 a.C. circa, del cosiddetto “tempio di Nettuno”: come già anticipato in precedenza, l’edificio sacro esastilo era probabilmente dedicato ad Era, realizzato seguendo il canone architettonico di Libone di Elide (autore del tempio di Zeus a Olimpia) ed uno dei templi più imponenti della grecità occidentale (Durando, 2004b). A pochi decenni prima, risale invece la costruzione dell’ekklesiasterion, adibito alle assemblee cittadine, a cerchi concentrici scavati nella roccia e una capienza forse per 500/600 persone (Greco, 1992). Fu però verso la fine del secolo che le sorti della polis cambiarono in maniera decisiva. I Lucani, una popolazione osco-sabellica da tempo ormai entrata in contatto con i Greci, avrebbero preso il controllo di Poseidonia intorno al 420 a.C. (Strabone, VI, 1, 3; Plinio il Vecchio, Storia Naturale, III, 71), provocando un cambiamento nel tessuto sociale: ciò appare evidente specialmente nelle necropoli (in particolare presso quella del Gaudo), dove da una fase di assimilazione degli usi funerari greci si passò ad un’altra nella quale si sottolineavano le differenze sociali e di genere tra i defunti, secondo un uso più marcatamente italico. Questo però non indicava un assoggettamento culturale ai danni della componente greca, anzi, al contrario furono i Lucani ad ellenizzarsi, dando vita ad una cultura ibrida oggi visibile tramite le pitture funebri e vascolari. Sebbene fossero esposte epigrafi pubbliche in osco, gli “occupanti” non stravolsero né l’assetto urbano, né quello politico, facendo sì che Poseidonia divenisse un esempio di vera e propria integrazione etnica e culturale lungo tutto il IV e il III secolo a.C. (De Juliis, 2004; Giangiulio, 2021; Zuchtriegel, 2022).

Ekklesiasterion
Ekklesiasterion di Poseidonia, V secolo a.C. (fonte: Archivio Scacchiere Storico)

Di questa convivenza pacifica abbiamo diverse testimonianze dal punto di vista archeologico, in particolare nella produzione manifatturiera da parte degli artigiani greci, ma anche dal punto di vista religioso: i culti cittadini continuarono ad essere tenuti vivi, esattamente come prima (Wonder, 2002). La città perciò conobbe un periodo di crescita economica e produttiva, tentando di influenzare anche i centri vicini nel favorire una convivenza vantaggiosa tra Greci e Italici (Mello, 1985). Quando lo stesso Alessandro il Molosso, re dell’Epiro, giunse in Magna Grecia su richiesta di Taranto intorno al 334/333 a.C., per contrastare la minaccia crescente dei popoli indigeni nei confronti delle poleis greche, una volta arrivato a Poseidonia non la occupò: questo indica come la città non avesse bisogno di essere liberata da degli invasori, ma piuttosto cercasse aiuto per difendersi dall’aggressività dimostrata dai popoli provenienti dall’entroterra appenninico, come i Sanniti. Il sovrano, bene accolto in città, sconfisse un esercito coalizzato di Sanniti e Lucani all’interno del territorio di Poseidonia, dopodiché stipulò un accordo con Roma proprio in chiave anti-lucana (Tito Livio, VIII, 17, 9-10; Wonder, 2002; Giangiulio, 2021). 

Della fase tra V e IV secolo a.C., si possono però segnalare dei cambiamenti dal punto di vista monetale. Innanzitutto, si verificò un’interruzione della coniazione per una ventina d’anni, tra il 490 e il 470 circa, a cui seguì una ripresa dettata principalmente dall’abbandono dello statere d’argento incuso per quello a doppio rilievo, di dimensione inferiore ma di peso superiore a quello precedente. A ciò, bisogna aggiungere i cambiamenti iconografici: se al diritto l’immagine di Poseidone rimase praticamente invariata, al rovescio venne introdotto il tipo del toro, un chiaro rimando a Sibari. Nel corso del tempo, vennero introdotti divisionali in argento dello statere, nuove raffigurazioni aggiuntive nel campo come la seppia o il delfino, e monete in bronzo, mentre i primi segni della presenza lucana in città cominciarono a sentirsi con la coniazione di una moneta recante al diritto la testa di Era: probabilmente, lo scopo era il pagamento delle truppe italiche mercenarie. La coniazione monetale cominciò però a ridursi, fino ad interrompersi nuovamente attorno alla metà del IV secolo a.C. (con un’ultima serie recante il nome del magistrato Dossenno, legenda ΔΟΣΣΕΝΝΟΥ), in favore della diffusione della moneta, soprattutto, di Taranto (Cantilena, Carbone, 2015).

Nel frattempo, si stava affermando sempre più la potenza di Roma. Costantemente impegnata in campagne militari verso il Meridione, dopo aver concluso vittoriosamente le guerre sannitiche, l’Urbe dovette scontrarsi col sovrano epirota Pirro, l’ennesimo condottiero chiamato in soccorso da Taranto e dai suoi alleati: fu in questa occasione che i Romani, conquistata Poseidonia, vi stabilirono una colonia latina nel 273 a.C. Tra l’altro, a quel momento potrebbe effettivamente risalire il passaggio al nome cittadino di Paistom – Paestum, un toponimo pregreco recuperato a scopo punitivo e non, quindi, una attribuzione avvenuta per mano degli “occupanti” Lucani (Strabone, V, 4, 13; Mello, 1985; Mitchell, 1985; Giangiulio, 2021; Zuchtriegel, 2022): infatti, dopo questi eventi venne coniata una prima moneta in argento con legenda PAISTANO in caratteri latini, recante al diritto una testa maschile con un uccello palustre, mentre al rovescio è riportata la raffigurazione dei Dioscuri a cavallo; in seguito, a partire dalla seconda guerra punica, furono prodotte monete in bronzo chiaramente affiliate al sistema di valori romano, con raffigurazioni di divinità agresti e commerciali oltre ad una abbreviazione dell’etnico in legenda (PAIST, PAIS, PAEST, PAE) (Cantilena, Carbone, 2015). 

L’arrivo dei Romani segnò indubbiamente una nuova svolta per la città, ormai non più indipendente ma comunque in grado di trarre dei vantaggi da questa nuova condizione: se la popolazione divenne ancora più eterogenea, subendo un processo di progressiva integrazione nel sistema politico romano, contemporaneamente furono attuati alcuni importanti interventi urbanistici, come la ristrutturazione delle mura o la realizzazione di nuove strade (Mello, 1985). Paestum rimase fedele a Roma durante le prime due guerre puniche, fornendo anche un contributo decisivo per la vittoria, ed in seguito alla guerra sociale divenne forse municipium e poi colonia romana nel I secolo a.C.; tuttavia, la sua organizzazione istituzionale in questo periodo non è chiara. L’antica città, con i suoi imponenti templi dorici, finì per essere integrata nel rinnovato tessuto urbano, creando così una stratificazione figlia della costruzione di nuovi edifici, tra i quali il tempio della Pace nel foro risalente al secolo precedente: un periptero sine postico in stile dorico-corinzio. Va inoltre ricordato il privilegio di poter coniare moneta, conservato fino alla prima età imperiale, sotto Tiberio (Mello, 1985; Mitchell, 1985; Zuchtriegel, 2022; Cantilena, Carbone, 2015). Perciò, la città poté godere una certa prosperità, diventando famosa anche per i suoi giardini e le sue rose, inoltre traendo beneficio dalle continue attività edilizie svolte in età imperiale; questo almeno fino alla tarda antichità: a partire dal III secolo, infatti, Paestum intraprese un lento declino che la portò ad essere progressivamente abbandonata (Mello, 1985).

Affresco simposio da Paestum
Affresco con scena di simposio dalla cosiddetta “tomba del Tuffatore”, Museo Archeologico di Paestum (fonte: autore, PaestumPaestum; licenza CC BY-SA 4.0)

Il multiculturalismo che ha interessato Paestum, non è stato però visto da tutti in maniera positiva. Secondo il filosofo tarantino Aristosseno, i cittadini greci di Poseidonia si erano barbarizzati a contatto con gli Italici e rimpiangevano con le lacrime i tempi in cui cultura, società ed istituzioni erano di carattere esclusivamente greco. Questo passo, tratto da Ateneo (XIV, 31), è stato oggetto di numerosi dibattiti: Aristosseno, vissuto nel IV secolo a.C., cita esplicitamente Etruschi e Romani, senza menzionare in alcun modo i Lucani e la loro coeva presenza in città. Più probabilmente, egli potrebbe non riferirsi tanto ad una conquista politica e militare, ma piuttosto ad una influenza culturale, esercitata in maniera continuativa da popoli egualmente considerati barbari e responsabili di un declino irreversibile. Non si tratterebbe comunque di un testo volto a incitare una riscossa greca, quanto il riconoscimento di una situazione consolidata, sebbene vista in chiave negativa (De Juliis, 2004; Zuchtriegel, 2022), nonostante ciò contrasti con i vantaggi ottenuti dalla città precedentemente descritti.

3. La “riscoperta” e il Grand Tour

Possiamo dire, in un certo senso, che Paestum cadde nell’oblio per diversi secoli. O meglio, l’interesse nei suoi confronti riaffiorò solamente nel XVIII secolo in piena età illuminista, portandola a diventare una delle mete più ambite del Grand Tour. Forse però parlare di “riscoperta” di Paestum non è propriamente corretto, se si considera la grandezza dei suoi templi, rimasti sempre visibili anche dal mare: probabilmente, agli albori dell’archeologia, questo concetto era legato sia all’arrivo di numerosi studiosi da tutta Europa (soprattutto da nord verso sud), sia dalla rivalutazione di tutte quelle testimonianze dell’antichità non necessariamente romane. Paestum era ricercata soprattutto dagli ammiratori della grecità come Winckelmann, che in essa individuavano un’arte più essenziale e, addirittura, in alcuni casi intravvedevano un possibile anello di congiunzione coi primordi dell’architettura: nel ‘700, l’idea vitruviana di una derivazione diretta dello stile dorico da strutture in legno primitive era radicata, come dimostrano gli scritti di alcuni intellettuali; la messa in discussione dei testi biblici portava inoltre a cercare prove delle origini dell’umanità, finendo per assimilare luoghi come Paestum ad epoche protostoriche (Zuchtriegel, 2022). 

Ovviamente, il Grand Tour non attirava verso il Mediterraneo solamente studiosi ma anche artisti di ogni genere, in quanto considerato tappa fondamentale nella loro formazione: i letterati, tra cui Goethe, esaltavano la commistione tra natura e rovine antiche, relazionando paesaggio e opera umana, considerati elementi in contrasto tra loro. Gli artisti inaugurarono un nuovo stile di pittura paesaggistica, che non si limitava a riprodurre vedute reali ma creava immagini idealistiche con la presenza di rovine, i cosiddetti “capricci”, in una sorta di tendenza preromantica. I templi dorici di Paestum erano quindi tra gli oggetti ricercati per la raffigurazione del mondo italico e mediterraneo in tutte le sue sfaccettature, come dimostrano i due volumi illustrati Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile la cui realizzazione fu curata dall’abate di Saint-Non e da Dominique Vivant Denon fra il 1781 e il 1786 (Mazzocca, 2021); allo stesso tempo, si andavano cercando i luoghi descritti all’interno dei grandi poemi dell’antichità, rimanendo affascinati da tutto quello che potesse evocarli. L’ispirazione che trasmettevano i luoghi del sud Italia e della Sicilia permise lo sviluppo di correnti pittoriche, dal vedutismo ottico di van Wittel e Canaletto al naturalismo o all’intimismo romantico (Leone, 2021). 

Incisione su Paestum di Piranesi
Vista interna del Tempio di Nettuno, Paestum, tavola 13. Giovanni Battista Piranesi, 1778 (fonte: Wikimedia, licenza CC0)

Il grande afflusso verso l’Italia era comunque agevolato dalla difficoltà di accedere alle vestigia antiche della Grecia, ancora sotto il controllo dell’impero ottomano (Black, 1996), ed inoltre, la stessa Paestum risultava più facile da raggiungere rispetto ai siti della Sicilia: infatti, distava soli due giorni di viaggio da Napoli, nonostante i pericoli e le difficoltà nel muoversi all’interno delle zone paludose del fiume Sele. L’osservazione del sito pestano permise così riflessioni importanti riguardanti la storia dell’arte classica da parte di Winckelmann. In esse, l’architettura dorica rappresentava un punto fondamentale nell’evoluzione artistica, ed i Greci un popolo che ne aveva raggiunto i livelli massimi, quindi un modello estetico per l’Europa moderna; diventato un simbolo delle radici culturali europee, Paestum finì però per perdere centralità a seguito dell’indipendenza greca nella prima metà del XIX secolo e al più libero accesso verso città come Atene (Zuchtriegel, 2022).

Paestum ha perciò conservato la propria natura multiculturale lungo tutta la sua storia, prima come città viva, sede di Greci, Lucani e Romani, poi come luogo testimone del passato antico della civiltà occidentale, attirando visitatori da ogni paese. Un’attrazione forte, esercitata ancora oggi.

Michele Gatto – Scacchiere Storico

Michele Gatto è uno studioso dell’antichità greca e romana, in particolare della Grecia in età classica e di Roma in età imperiale. È specializzato in Numismatica Antica. I suoi interessi arrivano a comprendere inoltre la storia bizantina.

Bibliografia

Black J. 1996, Italy and the Grand Tour: The British Experience in the Eighteenth Century, in “Annali d’Italianistica” 14, pp. 532-541; Brandonisio M.A. 2017, Il santuario settentrionale di Poseidonia-Paestum: i monumenti, in R. Graells i Fabregat, F. Longo, G. Zuchtriegel (a cura di), Le armi di Athena. Il santuario settentrionale di Paestum, Napoli, pp. 23-29; Cantilena R., Carbone F. 2015, Poseidonia-Paestum e la sua moneta, Paestum; De Juliis M. 2004, Greci e Italici in Magna Grecia, Bari; Durando F. 2004a, L’arte del mondo greco occidentale, in F. Bourbon, F. Durando (a cura di), I Greci in Italia. Arte e civiltà della Magna Grecia, Udine, pp. 110-163; Durando F. 2004b, Poseidonia-Paestum, in F. Bourbon, F. Durando (a cura di), I Greci in Italia. Arte e civiltà della Magna Grecia, Udine, pp. 208-221; Ficuciello L. 2017, Poseidonia-Paestum: la storia di una città attraverso lo scavo di un abitato, in A. Pontrandolfo, M. Scafuro (a cura di), Dialoghi sull’Archeologia della Magna Grecia e del Mediterraneo. Atti del I Convegno Internazionale di Studi. Paestum, 7-9 settembre 2016, Paestum, pp. 229-246; Giangiulio M. 2021, Magna Grecia. Una storia mediterranea, Roma; Greco E. 1992, Archeologia della Magna Grecia, Bari; Greco E. 2000, Poseidonia-Paestum, in Lieux sacrés, lieux de culte, sanctuaires, École française de Rome, Roma, pp. 81-94; Holloway R.R. 2006, The Tomb of the Diver, in “American Journal of Archaeology” 110, pp. 365-388; Leone F. 2021, Paesaggi dell’Italia mediterranea, in F. Mazzocca (a cura di), Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei, Milano, pp. 105-107; Mazzocca F. 2021 (a cura di), Il fascino delle antiche rovine, in Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei, Milano, pp. 75-77; Mello M. 1985, Paestum: A City, a Civilization, a Heritage, in “The Journal of Aesthetic Education. Paestum and Classical Culture: Past and Present” 19, pp. 9-22; Mitchell R.E. 1985, Paestum in a Roman Context, in “The Journal of Aesthetic Education. Paestum and Classical Culture: Past and Present” 19, pp. 39-48; Symeonoglou S. 1985, The Doric Temples of Paestum, in “The Journal of Aesthetic Education. Paestum and Classical Culture: Past and Present” 19, pp. 49-66; Wonder J.W. 2002, What Happened to the Greeks in Lucanian-Occupied Paestum? Multiculturalism in Southern Italy, in “Phoenix” 56, pp. 40-55; Zancani Montuoro P. 1963, s.v. Paestum, in Enciclopedia dell’Arte Antica, Roma, pp. 829-840; Zuchtriegel G. 2022, Paestum, Roma.

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Pubblicato da Scacchiere Storico

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