L’ASSEDIO DI BELGRADO DEL 1456 TRA STORIA E ATTUALITÀ

di Davide Galluzzi

Se dovessimo chiedere a qualcuno di parlare di un evento che ha segnato i primi cinque decenni del XV secolo, probabilmente, sentiremmo la risposta “caduta di Costantinopoli” o “disfatta di Varna”. In pochi, forse, ricorderebbero l’assedio di Belgrado del 1456 e la vittoria delle armate cristiane contro le forze ottomane del sultano Maometto II. Proprio questo, ossia la ricostruzione degli eventi e una breve analisi dell’uso pubblico di quell’avvenimento che oggi si fa in Ungheria, è il tema di questo breve articolo.

  1. Belgrado, 1456: una breve ricostruzione degli avvenimenti

La ferita della caduta di Costantinopoli era ancora calda quando una nuova notizia scosse il mondo cristiano: le armate del sultano si stavano muovendo per porre l’assedio alla fortezza di Belgrado. 

Ritratto del sultano Maometto II, di Gentile Bellini, 1480 (fonte: Wikipedia)

La scelta di Maometto II potrebbe essere stata influenzata da diversi fattori. Da un lato, infatti, non dobbiamo dimenticare come gli ottomani ambissero non solo a unificare il mondo islamico sotto un’unica bandiera, ma anche a prendere il posto di Bisanzio e a ricostituire un nuovo impero universale che andasse a includere l’Europa (Fodor, 2008). Dall’altro lato, Belgrado rivestiva un ruolo strategico fondamentale per la Porta, sia economicamente, sia militarmente. La città-fortezza, infatti, sorgeva e sorge nel punto di incontro tra il fiume Sava e il Danubio e rappresentava quindi un crocevia fondamentale per gli snodi europei. Di più, essa era, possiamo dire, la porta d’ingresso per il Regno d’Ungheria che tante volte aveva sfidato e fermato l’Impero ottomano (De Vries, 2009 e Nisbet Bain, 1892). Caduta Belgrado, quindi, sarebbe stato assai facile colpire l’Ungheria e, da lì, aprirsi una strada verso l’Europa.

Oltre all’Impero ottomano e a Belgrado (e, utilizzando il nome della città, vogliamo sottintendere tutto quel che rimaneva del despotato di Serbia di Đurađ Branković) l’altro attore fondamentale della nostra ricostruzione era il Regno apostolico d’Ungheria, il cui monarca era Ladislao V il Postumo. Nome curioso, quello del quindicenne re apostolico, e la cui spiegazione ben descrive la situazione di debolezza in cui si trovava il regno. L’appellativo “Postumo”, infatti, venne dato a Ladislao perché egli nacque dopo la morte di suo padre, Alberto II, primo regnante d’Ungheria appartenente alla Casa d’Asburgo.

Come è facile immaginare, in seguito alla morte di Alberto II la nobiltà si divise in due schieramenti: da una parte la fazione che sosteneva la pretesa al trono del neonato Ladislao e che si riuniva intorno alla di lui madre, la regina Elisabetta di Lussemburgo; dall’altra quella che sosteneva la necessità di affidare la corona al re di Polonia Ladislao III Jagellone (Petrovics, 2010). 

Nonostante tutti i tentativi portati avanti da Elisabetta, compreso il furto della Sacra Corona d’Ungheria nel tentativo di invalidare la cerimonia di incoronazione (non dobbiamo infatti dimenticare che, per essere valida, l’incoronazione del re apostolico prevedeva, tra gli altri requisiti, l’utilizzo della Sacra Corona), la guerra civile che scoppiò venne vinta da Ladislao III, noto in Ungheria con il nome di re Vladislao I. Quest’ultimo godeva del sostegno di János Hunyadi, futuro grande sconfitto a Varna, ma anche grande vincitore a Belgrado, che, proprio grazie al servizio offerto a Vladislao, iniziò a costruire la sua fortuna e la base di potere che lo porterà alla futura reggenza e a essere una delle persone più potenti dell’Ungheria del tempo. 

La sconfitta di Varna del 1444 e la morte di Vladislao I, tuttavia, portarono all’ascesa al trono proprio di Ladislao V il Postumo il quale, giovanissimo, non sembrava mostrare particolare predilezione per le armi e le sorti del regno, come dimostrerà la sua fuga da Buda in occasione dell’inizio della campagna militare di Maometto II (Nisbet Bain, 1892 e Petrovics, 2010).

Ladislao V il Postumo, ritratto del 1457 (fonte: Wikipedia)

La guerra civile, la conseguente divisione dell’aristocrazia in due fazioni distinte, la reggenza di Hunyadi e la debolezza del re (che portò, è bene ricordarlo, al rafforzamento di quella nobiltà che proprio a Ladislao il Postumo era particolarmente avversa) sono tutti fattori che ben spiegano la situazione di debolezza in cui versava il Regno d’Ungheria quando giunse la notizia, nel 1455, della ripresa delle ostilità e dell’avanzata ottomana in territorio serbo, con conseguente occupazione dell’importante città mineraria di Novo Brdo dal quale dipendevano in gran parte le entrate del despotato (Andrić, 2016).

La notizia della cattura di Novo Brdo giunse in Ungheria quando la nobiltà del regno era riunita a Győr dove era stata indetta una dieta proprio per ritrovare la concordia tra le fazioni e riconoscere l’autorità del nuovo re. In occasione della dieta, cui partecipavano anche il despota di Serbia in quanto vassallo del re d’Ungheria e il frate francescano Giovanni da Capestrano, János Hunyadi parlò, davanti al re e all’aristocrazia tutta, del grande disegno strategico che andava elaborando da anni e che aveva guidato le sue azioni durante la catastrofica crociata di Varna. Hunyadi era dell’idea che, con un’armata di 100.000 uomini reclutati da cinque potenze europee (ossia l’Ungheria, il despotato di Serbia, il papato, il ducato di Borgogna e i regni di Aragona e Napoli), si sarebbero potuti non solo cacciare i turchi dai Balcani, ma anche riconquistare Costantinopoli e la Terra Santa (Andrić, 2016 e Nisbet Bain, 1892).

Giovanni da Capestrano (fonte: Wikipedia)

Papa Callisto III, raggiunto sia dalle lettere di Capestrano, sia dalle richieste dell’aristocrazia magiara, mise in moto una grande macchina diplomatica volta a unire le potenze cristiane in una nuova, grande crociata contro l’Impero Ottomano. Nessuna delle potenze interpellate, tuttavia, giunse in aiuto del regno apostolico. Venezia, come ci ricorda Nisbet Bain, non voleva prendere parte a un’impresa che prometteva grandi spese, ma ben pochi profitti certi (Nisbet Bain, 1892). Oltre a questo, aggiungiamo noi, potrebbe aver pesato sulle decisioni della Repubblica, anche la volontà di non provocare il sultano con il quale intratteneva conflittuali rapporti, vista anche la presenza di possedimenti veneziani ai confini dell’Impero. Francia e Inghilterra erano prostrate dalla recente fine della Guerra dei Cent’Anni. L’imperatore Federico III d’Asburgo accettò la croce consegnatagli dal legato papale cardinale Juan de Carvajal, incaricato di organizzare la crociata, ma mai gli aiuti imperiali giunsero a Buda (Nisbet Bain, 1892). Il duca di Borgogna, Filippo il Buono, invece, sembrava l’unico regnante europeo intenzionato a organizzare una crociata contro il Turco ed effettivamente il ducato si ritrovò, per un periodo, immerso nei preparativi di una nuova campagna, ma, come per il caso asburgico, gli aiuti militari mai raggiunsero l’Ungheria (De Vries, 1999). 

Torneremo in seguito su questa mancanza di intervento da parte delle altre potenze europee, per ora basti ricordare che Ladislao V, lasciato sostanzialmente solo, convocò una nuova dieta a Buda il 6 febbraio 1456. La nobiltà ivi riunita, dietro la spinta determinante di Hunyadi, deliberò in favore della campagna militare contro il Turco che stava avanzando nei Balcani, salvo poi temporeggiare e rimandare i preparativi a dopo la stagione del raccolto (Nisbet Bain, 1892). Proprio mentre l’aristocrazia rimandava i propri impegni il sultano non dormiva e, lasciata Novo Brdo, si mise in marcia per porre l’assedio a Belgrado con una grande armata che, secondo le fonti coeve, contava 400.000 uomini e 200 navi per porre l’assedio anche via fiume, ma che molto più realisticamente era composta da 60.000 uomini, 21 navi non da guerra, ma per il trasporto di viveri e munizioni e 300 pezzi d’artiglieria (Nisbet Bain, 1892 e De Vries, 2009).

Janos Hunyadi (fonte: Wikipedia)

Le conseguenze dell’arrivo della notizia a Buda furono la fuga del giovane re e il disimpegno dell’aristocrazia che, avvolta in quella che Nisbet Bain definisce come “shameless indifference” (Nisbet Bain, 1892), preferì chiudersi nei propri castelli lasciando indifesa Buda e abbandonando Hunyadi e il suo progetto. Sicuramente la colpa della nobiltà magiara fu gravissima, ma, a nostro avviso, la decisione di buona parte dell’aristocrazia non venne influenzata solo dall’indifferenza, ma anche da un sotterraneo odio verso Hunyadi e il vasto potere, sia politico che economico, che aveva concentrato nelle sue mani. Una nuova sconfitta militare, quindi, avrebbe ridimensionato l’ex reggente.

Quest’ultimo, tuttavia, non si lasciò fermare dalle avversità e, come prima decisione, inviò a Belgrado un piccolo contingente guidato dal cognato Mihály Szilágyi per dare supporto alle forze serbe, mentre allo stesso tempo iniziò a radunare truppe in Ungheria per marciare verso la fortezza assediata. È importante ricordare come Hunyadi non fosse solo in questo compito, ma fosse al contrario aiutato dal cardinale Carvajal, residente a Buda, e dalla predicazione di Capestrano che riuscì a radunare una piccola armata di contadini male armati intorno al vessillo della santa crociata contro l’infedele (Nisbet Bain, 1892 e De Vries, 2009).

Non solo, l’ex reggente iniziò anche a reclutare una forza navale con la quale risalire il Danubio e spezzare l’assedio ottomano sia via terra, sia via fiume. La possente fortezza serba, infatti, era sotto il costante fuoco delle potenti bombarde ottomane ed era circondata anche dalla flotta turca che, come abbiamo detto, non era propriamente militare, ma comunque stringeva la città in una morsa che sembrava impenetrabile. 

Allarmato da un messaggio del cognato che chiedeva urgentemente aiuto, Hunyadi si mosse rapidamente verso Belgrado e, giunto in vista della fortezza il 14 luglio 1456, iniziò una feroce battaglia navale durante la quale la flotta ottomana venne annientata e le forze ungheresi riuscirono ad aprirsi un varco verso la fortezza, la cui guarnigione, nel frattempo, era fortemente demoralizzata (Nisbet Bain, 1892 e De Vries, 2009).

L’assedio di Belgrado in una miniatura ottomana (fonte: Wikipedia)

L’arrivo di János Hunyadi e di Giovanni da Capestrano ebbe un duplice effetto: da un lato rincuorò i difensori, mentre dall’altro spinse il sultano, timoroso dell’arrivo di nuovi rinforzi cristiani, ad affrettare i preparativi e a ordinare, il 21 luglio, l’assalto generale alla fortezza. Il violentissimo combattimento che seguì durò per tutta la notte, finché, all’alba, le forze turche non rinunciarono all’assalto garantendo così un importante vittoria alle armi cristiane. Subito Hunyadi decise di rafforzare le posizioni serbo-ungheresi ordinando ai suoi uomini di restare a presidio della città e vietando, sotto pena capitale, di abbandonare i propri posti. Un gruppo di crociati guidati da Capestrano, tuttavia, decise di disubbidire al condottiero e, abbandonata la fortezza, prese d’assalto le armate ottomane, obbligando così Hunyadi a ordinare una sortita per sostenere lo sforzo crociato (Nisbet Bain, 1892 e Lavenia, 2018). Le forze ottomane resistettero all’assalto e respinsero il nemico fino alle mura della fortezza, ma comunque Maometto II, probabilmente ferito, ordinò la ritirata. La vittoria cristiana fu quindi definitiva e l’assedio venne spezzato. Il sogno di Hunyadi di capitalizzare il proprio trionfo e proseguire la campagna fino alla definitiva cacciata degli ottomani dai Balcani, tuttavia, si infranse a causa della repentina morte del condottiero, malato di peste, l’11 agosto 1456 cui fece seguito, poche settimane dopo, la morte di Capestrano (Nisbet Bain, 1892 e De Vries, 2009).

  1. L’uso pubblico dell’assedio di Belgrado nell’Ungheria di oggi

Come facilmente immaginabile, la vittoria cristiana suscitò subito reazioni di giubilo e quello che potremmo definire, pur con le dovute distinzioni, un uso pubblico e propagandistico dell’avvenimento. Basti pensare, a tal riguardo, alla pubblicazione, nella prima metà del XVI secolo, del poema di grande successo intitolato “Capystranus” all’interno del quale gli avvenimenti di pochi decenni prima venivano riportati con il chiaro intento di definire l’identità cristiana e l’identità social-militare del guerriero (Ropa, 2015).

Quello che potrebbe sorprendere il lettore è, invece, la ripresa del mito di Belgrado nel dibattito politico dell’Ungheria di oggi e il conseguente uso pubblico di questo avvenimento. Nel 2011, infatti, il Parlamento ungherese ha chiesto al governo di dichiarare il 22 luglio, anniversario della vittoria di Nándorfehérvár (nome ungherese della fortezza di Belgrado), giorno di particolare importanza da commemorare ogni anno (Hungarian Spectrum, 2018).

A partire da quell’anno, quindi, gli eventi del XV secolo sono entrati prepotentemente nel dibattito pubblico ungherese. Quella che appare evidente è la volontà delle forze di governo di tracciare un parallelo tra la situazione ungherese del 1455-1456 e la situazione attuale. Due esempi possono chiarire perfettamente questo aspetto.

Monumento a Janos Hunyadi eretto nella città di Pécs (fonte: Archivio Scacchiere Storico)

Il 22 luglio 2018 Szilárd Németh, sottosegretario alla Difesa, tenne un discorso di fronte al monumento a János Hunyadi eretto presso il castello di Buda. Nel corso del suo intervento il sottosegretario ha ricordato come il regno apostolico, lasciato solo dalle altre potenze europee dell’epoca, fermò l’avanzata degli infedeli, difendendo così le radici cristiane d’Europa e la stessa identità del Vecchio Continente. Una dinamica, questa, ripresa e portata avanti dall’Ungheria di oggi che, sola, ha fermato o quantomeno arginato la presunta invasione di migranti, proteggendo nuovamente l’identità cristiana d’Europa e garantendo il rispetto delle nazioni europee (Hungarian Spectrum, 2018 e Hungary Today, 2018). Il parallelo tra regno apostolico e attuale repubblica è qui evidente.

Assai più raffinato è stato l’intervento tenuto a Belgrado dal Presidente della Repubblica János Áder, il quale, in occasione dell’inaugurazione di un monumento a Hunyadi nel 2019, si è limitato a osservare come la vittoria serbo-ungherese del 1456 abbia garantito al Regno d’Ungheria l’inizio di un’era di pace e ricostruzione (Hungary Today, 2019).

I punti su cui sembra insistere la narrativa pubblica, quindi, sono sostanzialmente tre: il disimpegno delle potenze cristiane, la sostanziale divisione in due campi distinti delle forze in campo, ossia la netta divisione tra cristiani e musulmani e l’era di pace, concordia e ricostruzione nata in seguito alla vittoria di Belgrado. La verità, naturalmente, è ben diversa e vale la pena spendere qualche parola su ognuno dei tre punti appena elencati.

L’Ungheria venne effettivamente lasciata sola a rispondere all’avanzata militare del sultano? La risposta, naturalmente e come abbiamo già sottolineato, è sì. Quello che bisogna evidenziare, tuttavia, è come il “disimpegno” delle potenze europee fosse pratica comune da almeno sessant’anni. L’ultimo tentativo comune di organizzare una campagna europea contro l’avanzata ottomana, infatti, risaliva alla disastrosa battaglia di Nicopoli del 1396 durante la quale, peraltro, fu proprio la discordia tra le file cristiane a determinare la vittoria turca. 

Le ragioni della mancanza di intervento europeo-occidentale dopo Nicopoli, come ci ricorda Kelly DeVries, vennero identificate da papa Pio II durante il noto Concilio di Mantova del 1459 e sono, sostanzialmente, tre: le potenze cristiane erano troppo impegnate a combattersi tra loro (sia in guerre civili, sia in conflitti internazionali), erano troppo spaventate dalla potenza ottomana che pareva essere invincibile e, infine, vedevano proprio nel Regno d’Ungheria una potenza in grado di fronteggiare e fermare, come effettivamente aveva fatto più volte nel corso del XV secolo, l’avanzata turca nei Balcani e verso l’Europa (De Vries, 1999).

Fu quindi, tra le altre motivazioni, anche la potenza militare ungherese, vista come antemurale christianitatis, a determinare la non curanza degli altri regni cristiani dell’epoca e non, come sembrerebbe emergere dal dibattito pubblico ungherese di oggi, una sorta di complotto volto ad abbandonare l’Ungheria a sé stessa.

Quanto detto sino ad ora ci porta a parlare del secondo punto, ossia la netta divisione delle forze in campo in due fazioni nettamente definite: cristiani da un lato e musulmani dall’altro. Entrambi i campi, naturalmente, vengono visti come omogenei e con sostanziale concordia interna, quasi come fossero un sol corpo che lottava contro un altro.

Proprio la mancanza di aiuti europei e l’atteggiamento dell’aristocrazia magiara, tuttavia, contraddicono questa posizione. Come abbiamo visto, infatti, non solo i regni cristiani erano in conflitto tra di loro, ma anche la nobiltà ungherese preferì ritirarsi nei propri castelli senza rispondere all’appello di Hunyadi e lasciandolo al contrario solo, sperando in una sua sconfitta e alla distruzione del potere dell’ex reggente.

La divisione nel campo cristiano si riflette anche nei rapporti assai tesi tra i tre principali esponenti di tale raggruppamento, ossia Giovanni da Capestrano, Đurađ Branković e János Hunyadi. Non dobbiamo infatti dimenticare come il despota di Serbia appartenesse al cristianesimo ortodosso e non a quello cattolico. Capestrano, campione infaticabile di Santa Romana Chiesa, mal tollerava la testarda volontà del despota di non convertirsi e perdurare in quelli che, in diverse lettere inviate al pontefice Callisto III, definiva come insanabili errori (Andrić, 2016).

Budapest, monumento a Giovanni da Capestrano (fonte: Archivio Scacchiere Storico)

L’ostilità tra Branković e Hunyadi, invece, aveva origini lontane e politiche. Durante la già citata guerra civile tra sostenitori di Ladislao il Postumo e sostenitori di Ladislao III Jagellone, infatti, il despota di Serbia si schierò nel primo campo, mentre Hunyadi si pose al servizio, come abbiamo visto, del re polacco. Il conflitto tra i due parve rinfocolarsi proprio durante l’avanzata turca del 1455-56. Il despota di Serbia, infatti, giunse a un conflitto aperto con Mihály Szilágyi, inviato da Hunyadi, come abbiamo visto, per dare manforte ai serbi. Le tensioni tra i due culminarono nel ferimento e arresto di Branković, il quale venne rilasciato solo nella primavera del 1456 dietro pagamento di un riscatto (Andrić, 2016). Come segnalato dal despota in alcune lettere inviate al cardinale Carvajal, quindi, egli sapeva bene di essere isolato e non rientrare nelle grazie né di Hunyadi, né, tanto meno, di Capestrano.

La divisione tra cristiani e musulmani non era così netta neanche a livello militare. Basta infatti osservare una qualsiasi mappa dell’Europa del tempo per notare come l’Impero ottomano non solo sconfisse Costantinopoli, ma assorbì i territori dell’ex Impero bizantino all’interno dei propri possedimenti. Il sistema bizantino-ortodosso, quindi, venne integrato in quello ottomano, determinando una forte eterogeneità dello schieramento “musulmano”, eterogeneità che si rifletteva proprio nell’armata che assediava Belgrado, composta in gran parte da cristiani ortodossi e da rinnegati (Fodor, 2008).

L’ultimo punto, ossia l’era di pace e prosperità nata in seguito alla vittoria di Belgrado, rappresenta un’altra manipolazione degli avvenimenti. Se è vero, infatti, che la sconfitta ottomana garantì al regno apostolico una sopravvivenza di settant’anni, ciò non significa che questo settantennio fu di pace e tranquillità. Il regno di Mattia I Corvino, grande monarca rinascimentale e figlio di Hunyadi, fu senza dubbio un’epoca di splendore, ma fu anche epoca di intrighi, di campagne militari e di ribellioni. La sconfitta patita a Belgrado, inoltre, spinse gli ottomani a cambiare tattica e a cercare non più il conflitto diretto e definitivo con l’Ungheria, ma a consolidare il fronte interno e a lanciare attacchi mirati contro i territori balcanici inglobando lentamente tutta una serie di piccoli regni fino a giungere, nel 1526, a lanciare l’attacco contro il regno apostolico. Attacco che porterà, in seguito alla battaglia di Mohács, al crollo del Regno d’Ungheria e all’incorporazione di vasta parte del suo territorio all’interno dell’Impero ottomano.

Davide Galluzzi – Scacchiere Storico

Davide Galluzzi è laureato in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano. Specializzato in Storia Moderna, i suoi interessi di ricerca includono la Rivoluzione francese, l’età napoleonica, la Storia culturale e l’uso pubblico della Storia.

Bibliografia

Andrić S., Saint John Capistran and Despot George Branković: An Impossible Compromise, in Byzantinoslavica – Revue internationale des études byzantines, 74 (2016); DeVries K., Conquering the conqueror at Belgrade (1456) and Rhodes (1480): irregular soldiers for an uncommon defense, in Revista de história das ideias, 30 (2009); DeVries K., The Lack of a Western European Military Response to the Ottoman Invasions of Eastern Europe from Nicopolis (1396) to Mohacs (1526), in The Journal of Military History, Vol.63, No.3 (1999); Fodor P., The Ottoman Empire, Byzantium and Western Christianity. The implications of the Siege of Belgrade, 1456, in Acta Orientalia Academiae Scientiarum Hung., Vol.61 (2008); Hungarian Spectrum, History lesson for today’s patriots: the Battle of Belgrade, (2018); Hungary Today, Govt Official: Siege of Belgrade Hungary’s Biggest Ever Military Victory, (2018); Hungary Today, Hungary, Serbia Presidents Attend Hunyadi Monument Inauguration, (2019)   Lavenia V., Dio in uniforme: cappellani, catechesi cattolica e soldati in età moderna, Il Mulino, Bologna, 2017; Nisbet Bain R., The Siege of Belgrade by Muhammad II, July 1–23, 1456, in The English Historical Review, Volume VII, Issue XXVI (1892); Petrovics I., John Hunyadi, Defender of the Southern borders of the medieval Kingdom of Hungary, in Banatica, Vol.20, 2 (2010); Ropa A., Imagining the 1456 Siege of Belgrade in Capystranus, Hungarian Historical Review, Vol.4, No.2 (2015).

Scarica l’articolo in formato PDF:

Pubblicato da Scacchiere Storico

Rivista di ricerca e divulgazione storica

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: